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martedì 31 maggio 2011

Afghanistan: talebani all'offensiva, italiani nel mirino

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 31/05/2011

L’offensiva di primavera dei talebani va avanti ed i militari italiani in Afghanistan sono, una volta di più, nel mirino degli insorti. Questa volta, si registrano ‘solo’ cinque feriti, di cui uno grave, nessun morto. Ma il bilancio della missione, che oggi conta 4200 uomini, è già tragico: 37 caduti, decine di feriti. Ha un bel dire il presidente statunitense Osama bin Laden che l’uccisione del capo di al Qaida Osama bin Laden è stata un duro colpo per i talebani, scossi pure dalle voci, controverse e smentite, la scorsa settimana, di morte del loro leader, il mullah Omar.

“Abbiamo spezzato la spinta” dei guerriglieri integrqlisti, dice Obama. Ma l’operazione ‘Badar’, lanciata dai talebani proprio il 1° Maggio, il giorno dell’eliminazione di Osama, va avanti in tutto il Paese. E gli insorti colpiscono mentre i rapporti tra governo afghano e coalizione internazionale, l’Isaf, sono forse al punto più basso, dopo che un raid su Helmand ha ucciso 14 civili, fra cui numerosi bambini. Il presidente Karzai ha chiesto agli Stati Uniti di cessare “le azioni unilaterali”, vuole che raid e attacchi siano concordati. La Nato ammette l’errore, l’Isaf conduce un’inchiesta.

Ieri, a Herat, capoluogo della omonima provincia occidentale afghana, un commando di talebani forte anche da alcuni kamikaze –sarebbero quattro quelli entrati in azione- ha attaccato prima la base del Gruppo di ricostruzione provinciale (Prt), posta sotto responsabilità italiana, e poi altri due obiettivi sulla Blood Bank Road e vicino al Cinema Chowk. I morti confermati sono cinque, tutti agenti delle forze di sicurezza afghane, i feriti sono decine, fra cui i militari italiani –quello grave non sarebbe in pericolo di vita- e molti civili.

Secondo una prima ricostruzione di quanto avvenuto al Prt italiano, un kamikaze si è fatto esplodere davanti all’ingresso nel quartiere di Jada-i-Mahtab. Lo scoppio avrebbe permesso a uomini armati di penetrare all'interno del ‘fortino’, ingaggiando uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza afghane e internazionali. Il Prt di Herat è un complesso misto civile-militare attivo nello sviluppo d’infrastrutture (scuole, strade e altri progetti), gestito dal 132o reggimento di artiglieria terrestre della brigata Ariete di Maniago (Pordenone), comandato dal colonnello Paolo Pomella.

In un altro episodio, nell’Afghanistan orientale, due soldati della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (l’Isaf, appunto, sotto comando Nato) sono rimasti uccisi dallo scoppio di un ordigno posto lungo la strada. I militari stranieri caduti nel Paese sono almeno 214 dall'inizio dell'anno e 54 in questo mese, il maggio più sanguinoso dall'inizio dell’operazione Enduring Freedom nel 2001

Herat è, in questo momento, un obiettivo simbolico: la provincia, infatti, è una delle sette la cui sicurezza passerà a luglio dalla coalizione internazionale all’esercito e alla polizia afghani: un momento cruciale, sulla via della strategia del progressivo disimpegno che dovrebbe condurre, entro la fine dell’anno, a una riduzione del contingente dell’Isaf e, nel 2014, alla fine della missione.

Impossibile, o quasi, per l’Italia progettare di venirsene via ora, anche se la coalizione di governo appare sensibile alle sirene del disimpegno internazionale, in Libano, in Libia e altrove: lasciando l’Afghanistan adesso, l’Italia pagherebbe, nella Nato e con gli Stati Uniti, un costo politico-militare altissimo, di credibilità e d’affidabilità.

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