Scritto per Il Fatto Quotidiano del 19/05/2011
Nelle semplificazioni giornalistiche, e magari nelle manipolazioni dell'intelligence, l'al Qaida del dopo Osama bin Laden quasi assomiglia a un partito da democrazie liberali: nomina capi ad interim e forma governi provvisori, rinnovando tutti i 'ministri'; poco ci manca che faccia le primarie. La rete del terrore, descritta, finora, come decentrata e parcellizzata, sarebbe, invece, capace di decisioni rapide e centralizzate e avrebbe relegato il vice di Osama, l'egiziano Ayman al-Zawahiri, al ruolo di ideologo, una sorta di Mikhail Suslov dell'Internazionale terrorista.
La giornata che restituisce all'organizzazione tutta una linea di comando e controllo la priva, però, del capo militare in Iraq: Mekhlef al-Azzaui viene scovato dall'esercito di Baghdad con altri tre 'pezzi grossi' del suo gruppo. Alla perdita, fa eco un attacco talebano a Jalalabad in Afghanistan: almeno 13 morti e decine di feriti, quando un'auto imbottita di esplosivo salta contro un veicolo della polizia.
Resta da vedere che cosa ci sia di vero nelle notizie su al Qaida. Il consiglio direttivo (Majlis Shura) della rete, riunitosi dopo l'uccisione di Osama nel blitz ad Abbottabad il 1o maggio, avrebbe scelto l’egiziano Seif al-Adel come proprio capo e avrebbe formato un governo ombra con responsabili settore per settore: l'egiziano Muhammad Mustafa Yamani sarebbe il nuovo capo delle operazioni di terra; Adnan al-Kashri il nuovo capo dell'area comunicazione; Muhammad Nasir al-Washi Abu Nasir, l’uomo forte della penisola arabica, sarebbe ora incaricato anche dell’Africa; Muhammad Adam Khan Afghani gestirebbe le attività in Afghanistan e nel Waziristan pakistano; Fahad al-Qava curerebbe le missioni urgenti; Adnan al-Lheiri al-Masri guiderebbe logistica e organizzazione; Faid al-Iraqi controllerebbe l’area di confine tra Pakistan e Afghanistan. Come da desiderio attribuito allo stesso bin Laden, nessuno dei suoi figli ha assunto ruoli di comando nell’esecutivo terrorista.
Il nuovo capo, al-Adel, alias Muhamad Ibrahim Makkawi, un cinquantenne, fuggì dall’Afghanistan nell’inverno 2001, dopo la caduta dei talebani, rifugiandosi in Iran, da dove avrebbe finora guidato l’ala militare di al Qaida. E’ ritenuto responsabile degli attacchi del 1998 contro le ambasciate Usa in Kenya e in Tanzania e di una campagna di attentati in Arabia Saudita, culminata nella strage di Riad del maggio 2003. Su di lui, c’è una taglia di cinque milioni di dollari.
A dare la notizia della nomina alla Cnn è stato Peter Bergen, giornalista, autore a suo tempo d’un’intervista a Osama e del libro “Holy War, Inc.”, uscito poco prima dell’11 Settembre 2001. E la fonte di Bergen, citata dalla Cnn, è Noman Benotman, 44 anni, libico, discendente da una ricca famiglia osteggiata da Gheddafi. Nel 1990, Benotman lascia la Libia per l’Afghanistan: lì, frequenta il campo di addestramento di Farouk e partecipa lla vittoriosa battaglia contro l’invasore sovietico. Dopo l’11 Settembre, prende la distanze da al Qaida e si rifugia in Europa.
Le informazioni del duo Bergen / Benotman, pur avallate da fonti di stampa pachistane, vanno prese con prudenza. Bergen asserisce che la scelta di al-Adel non è una decisione formale della Shura (“impossibile riunirne tutti i componenti”), ma “d’un gruppo di 6/8 capi sul confine tra Pakistan e Afghanistan”. E Benotman ipotizza che “la scelta di un egiziano possa creare problemi fra i membri yemeniti e sauditi di al Qaida, che vogliono, come erede di bin Laden, uno che venga dalla Penisola araba”.
giovedì 19 maggio 2011
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