Scritto per Il Fatto Quotidiano del 13/05/2011
Dopo 11 giorni di silenzio e mistero, cosi’ fitti che neppure la Nato sapeva se Muammar Gheddafi fosse vivo o morto, il dittatore libico ricompare sulla tv di Stato in immagini quasi ieratiche per la loro fissita, mentre, in un hotel di Tripoli –quello, pare, dove vivono da mesi i giornalisti occidentali- incontra dei leader tribali: la scena è imbarazzata e senza spontaneità, in un ambiente non consono a riunioni del genere, che uno s’immagina piuttosto sotto la tenda.
Dopo l’uccisione di Osama bin Laden e la ‘guerra dei video’ che ne è scaturita, manco delle immagini ti fidi più: lo spezzone televisivo suscita più dubbi che certezze, anche se l’immagine che compare su un maxi-schermo alle spalle del colonnello è datata e, quindi, avvalora la tesi del ‘ritorno’ del rais, avvolto nella consueta mantella marrone.
Ma la ‘prova’ non basta a fugare i sospetti : i giornalisti si stupiscono che Gheddafi sia arrivato nel loro hotel e che nessuno di loro se ne sia accorto –certo, non è entrato dalla porta principale-. E i dubbi sulla sorte del dittatore restano: fuggito?, ferito?, morto?, oppure vivo e vegeto, ma cauto negli spostamenti e nelle ‘comparsate’?
Del resto, la Nato prosegue la notte i suoi raid su Tripoli e i dintorni. Poche ore dopo la sortita televisiva, gli aerei alleati colpiscono di nuovo il bunker del colonnello, già attaccato à più riprese (qui mori’ un figlio del rais, che proprio da allora non s’era più fatto vedere). I funzionari libici che mostrano ai giornalisti la zona colpita, a Bab al-Aziziyah, dicono che tre persone sono rimaste uccise e almeno 25 ferite.
Intanto, i ribelli rifiutano la proposta dell’Onu di un ‘cessate-il-fuoco’ e avanzano oltre Misurata: si sentono forti, sono di nuovo all’offensiva, dopo avere riconquistato l’aeroporto della città martire, e progettano la marcia su Tripoli, che finora non gli è mai riuscita. Di Gheddafi, loro non si fidano; e alla sua morte non hanno mai creduto: lo davano per fuggito nel deserto, o all’estero, ancora prima del bombardamento del suo bunker.
E mentre gli insorti si preparano a celebrare il ‘giorno della rabbia’ il 17 maggio, esattamente a tre mesi dallo scoppio della rivolta, il capo del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi Mahmud Jabril viene oggi ricevuto alla Casa Bianca dal consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Barack Obama, Tom Donilon. E’ la prima visita di un leader Cnt a Washington, dopo che Jabril è già stato a Parigi, a Roma e in altre capitali europee e mediterranee. Gli Usa hanno finora considerato il Cnt un interlocutore affidabile ma non l’hanno ufficialmente riconosciuto, né ne hanno sposato la causa con la dedizione della Francia, la più vicina ai ribelli, e dell’Italia.
Ma, da Bengasi, arriva una notizia imbarazzante proprio per la Francia: un francese è stato ucciso in città "durante un controllo di polizia" e altri quattro francesi sono stati fermati. Chi erano e che ci facevano li’? Il riserbo è totale, ma, di recente, ex militari francesi erano stati notati a Bengasi alla ricerca di contratti nella sicurezza privata: mercenari, insomma, più che combattenti della libertà.
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