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sabato 28 maggio 2011

Mr B al G8: è stalking sulla giustizia ai leader dei Grandi

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/05/2011

Da un presidente (del Consiglio) a un altro (ma della Repubblica): Barack Obama, che la differenza ha già mostrato di saperla fare, raramente deve averla apprezzata come questa volta. Giunto a Varsavia da Deauville, dove ieri aveva subito attonito l’atto di accusa di Silvio Berlusconi contro la “dittatura” della magistratura italiana, vede a cena Giorgio Napolitano, insieme agli altri capi di Stato di 21 Paesi dell’Europa centrale. E, qui, Obama non corre rischi: né esternazioni né ricerca senza pudore di un dialogo a quattr’occhi; una stretta di mano calorosa, guardandosi bene negli occhi, e uno scambio di parole brevissimo, con da parte dell’americano, forse, un cenno di simpatia per il dramma sfiorato in Libano dai militari italiani.

A Deauville, invece, Mister B. aveva mandato in scena l’atto secondo del suo show sotto il tendone del circo mediatico del Vertice degli Otto Grandi. Vittima, dopo Obama, il presidente russo Dmitri Medvedev: la loro conversazione, anche stavolta registrata dalle telecamere, non è comprensibile come quella di ieri con l’americano, ma si capisce bene lo stesso che il premier italiano, ovviamente assistito dall’interprete, torna sul tema della giustizia e parla di “quattro accuse importanti”. Al termine del breve colloquio, Medvedev congeda Berlusconi con un sorriso e due pacche sul braccio (e un sospiro di sollievo).

Berlusconi, dal canto suo, si vanta di non avere risparmiato nessuno, a Deauville: “Ho parlato con tutti i leader del G8”, dice. “Era mio dovere informarli su quello che succede in Italia”, afferma, riferendosi “a 24 accuse contro di me cadute nel nulla” (nel corso della conferenza stampa, diventeranno poi 31). Siamo all’ormai consueto festival dei numeri, cui partecipa il ministro degli Esteri Franco Frattini: precipitandosi in soccorso del premier, dichiara che le sue affermazioni “denotano una sofferenza profonda, la sofferenza umana di una persona che in 17 anni è stata colpita da 200 processi penali, uscendone senza nessuna condanna. Un dolore che bisogna certamente comprendere”.

Chissà se l’ha compreso il presidente Obama, con cui Berlusconi asserisce di avere svolto “un ragionamento più ampio” di quello riportato “dai titoli di alcuni giornali”. Difficile però comprendere di quanto più ampio potesse essere un discorso tutto ripreso dalle telecamere e durato un paio di minuti, traduzione compresa. Vero è che Obama non ha detto una parola, ma Berlusconi, nel suo monologo, ha avuto giusto il tempo per lamentarsi della giustizia e di vantare la sua nuova maggioranza politica ‘comprata’ al supermercato delle prebende.

Ma, naturalmente, per Mr B la delegittimazione dell’Italia sul piano internazionale non è colpa sua e dei suoi atteggiamenti, ma “di certa informazione che, anziché narrare i fatti, tende a screditare le istituzioni del nostro Paese”. Berlusconi respinge l’accusa dell’opposizione di avere gettato fango sull’Italia al G8. “E’ più che doveroso – insiste – spiegare la situazione italiana a chi, specie all’estero, non riesce a comprenderla perché troppo spesso travisata dalla stampa”.

E mentre Davide Zoggia, un responsabile del Pd, gli rimprovera “molestie” ai leader dei Grandi, importunati dalle sue lamentele e dai suoi aggressivi siparietti ‘testa a testa’, Berlusconi quasi se ne vanta: “Qui al Vertice ho ricordato a tutti che le accuse a me rivolte sono state tutte giudicate false. E ho difeso l’istituzione del presidente del Consiglio, che è qui a rappresentare l’Italia e che deve avere un prestigio non diminuito dalle notizie sui giornali stranieri che spesso riferiscono solo le accuse e non le conclusioni dei processi”.

Al Vertice, la perdita d’influenza dell’Italia di Berlusconi è evidente. Se c’è un tema su cui potrebbe parlare con competenza persino eccessiva, è la Libia, vista l’amicizia con il colonnello Gheddafi. E, invece, quando prova a dire la sua (che il figlio minore del dittatore non sarebbe morto), la Nato quasi lo smentisce: “Noi non ne sappiamo nulla”.

Come ha fatto con i leader, anche con la stampa il premier rilancia il suo ‘j’accuse’ contro i magistrati, che “hanno più volte interferito nella vita politica” italiana e “hanno addirittura creato in alcuni casi crisi di governo e provocato la caduta d’esecutivi, democraticamente eletti, con il conseguente ricorso a elezioni anticipate. Sono venuti meno i bilanciamenti previsti dalla nostra Costituzione e i magistrati colpevoli non sono stati sanzionati per le loro responsabilità”. Nei suoi confronti, poi, le interferenze sono basate “su accuse completamente destituite di ogni fondamento e che mai hanno retto al vaglio dei magistrati giudicanti: ma io risulto colpevole perché i giornali danno notizia dei procedimenti che mi riguardano e non raccontano il seguito”.

Berlusconi parte dalla difesa delle istituzioni, ma poi la lingua finisce con l’andare a battere dove il dente duole: dice che non vuole lasciare l’incarico da condannato e, soprattutto, si denuncia “aggredito” anche sul piano patrimoniale (un riferimento, pare a tutti, al ‘lodo Mediaset’, la cui sentenza è attesa dopo il voto di domenica):

Se Berlusconi non prova rimorso per i ‘confessionali’ di Deauville, moltissimi italiani ne sono imbarazzati: in migliaia, lasciano messaggi sulla bacheca facebook di Obama, scusandosi in inglese (“Sorry Mr President”) e aggiungendo talora che “he –lui, cioè Berlusconi- is not speaking in my name”, non parla a nome mio). Pochi, al confronto, quelli che danno manforte al premier: “Presidente, li perdoni, gli italiani di sinistra non sanno quel che fanno”.

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