Scritto per Il Fatto Quotidiano del 03/05/2011
Della guerra al terrorismo, la morte di bin Laden "non e' la fine e non e' neppure l'inizio della fine, ma e' la fine dell'inizio". Ed e' un punto fermo: Osama bin Laden, il capo e l'ideologo della rete terroristica al Qaida, la mente e lo stratega dell’attacco all'America dell'11 Settembre 2001, e' stato ucciso. Del quando, dove, come e magari pure del perché, possiamo non essere certi: come la morte di Che Guevara, anche questa ce la racconteremo negli anni, tra dubbi e interrogativi.
L'aforisma (celebre) e' di Winston Churchill, dopo la vittoria degli anglo-americani su tedeschi e italiani a El Alamein, nella Seconda Guerra Mondiale. Ma si adatta bene alla guerra al terrorismo, dopo l’eliminazione del capo di al Qaida. Bin Laden esce di scena da sconfitto. Non solo e non tanto perché l'Occidente infedele è ancora lì, quanto perché i regimi arabi suoi grandi nemici, specie quello saudita, non sono stati travolti dal suo integralismo intransigente e sanguinario. E, inoltre,
la primavera islamica di questi mesi non porta né in Tunisia né in Egitto la sua matrice, anche se l’attentato di Marrakesh e, magari, alcuni fermenti dell’insurrezione libica hanno il suo sigillo.
Osama era ormai un sopravvissuto, alla sua organizzazione, ormai disintegrata in cellule autonome o, comunque, non collegate a un potere centrale (il che le rende più difficili da individuare) e anche a se stesso, dato per morto più volte –Benazir Bhutto, ex premier pakistano, lo annunciò deceduto nel 2007, pochi mesi prima di essere vittima di un attentato a componente al Qaida-. Ma soltanto ora la sua morte certificata dall’annuncio del presidente Barack Obama consente all'America d'elaborare il lutto dell'11 Settembre, a quasi dieci anni dalle stragi da 3.000 morti al World Trade Center e al Pentagono; e al presidente di compiere un balzo nell’apprezzamento dei suoi compatrioti e di rilanciarsi nella corsa a un secondo mandato alla Casa Bianca.
Certo, il racconto fatto da Obama domenica a tarda sera alle tv americane –in Italia, erano le quattro del mattino passate- e gli elementi emersi nelle ore successive lasciano qualche incertezza e numerose perplessità: il luogo dell’epilogo, in Pakistan, ma non fra le impervie montagne al confine con l’Afghanistan, bensì in una città non lontano da Islamabad e sede di una base dell’esercito; le modalità dell’uccisione; le circostanze della sepoltura; la labilità, almeno apparente e temporanea, delle prove offerte. Ma, forse, l’America di Obama, per cui quella al terrorismo non è una guerra all’Islam, vuole solo evitare di esibire macabri trofei. Che sia vera la notizia, nessun dubbio: se fosse falsa, smentirla sarebbe relativamente facile e devastante per gli Usa e per il presidente.
“La scorsa settimana –racconta Obama- sono giunto alla conclusione che avevamo informazioni d’intelligence sufficienti per entrare in azione e ho autorizzato una operazione per catturare Osama e per assicurarlo alla giustizia … Abbiamo lanciato un’operazione mirata contro un fabbricato d’Abbottabad: un piccolo commando ha compiuto l’azione con coraggio e bravura straordinari. Nessun americano è rimasto ferito. I militari hanno fatto tutto il possibile per evitare che vi fossero vittime civili. Dopo una sparatoria, hanno ucciso Osama e preso in custodia il suo corpo. Giustizia è fatta”. Quattro altre persone sono rimaste uccise. Non sono stati fatti prigionieri.
Il luogo – L’intelligence americana avrebbe localizzato fin dall’agosto 2010 il rifugio di bin Laden, una casa in un quartiere di militari in congedo, “otto volte più grande delle altre” intorno, protetta da misure di sicurezza eccezionali, con muri alti 5 metri e mezzo e sopra filo spinato e cancelli blindati. Dentro, né telefono né internet. Pare strano che il capo di al Qaida sia andato a nascondersi dove l’intelligence pachistana dovrebbe essere più forte.
Il raid – L’incursione è stata compiuta da forze speciali della Marina, le Navy Seals, ed è durata 40 minuti. Il commando aveva l’ordine di catturare Osama vivo, se lui si fosse arreso. Ma il terrorista ha opposto resistenza: è stato ucciso con una pallottola alla testa. Le altre vittime della sparatoria sono una donna, un figlio di Osama e due sue porta ordini. Prime versioni, poi smentite o comunque non confermate, indicavano che l’azione fosse stata condotta con un drone o risalisse a sette giorni or sono.
Il riconoscimento – Il corpo del capo di al Qaida è stato riconosciuto “al di là di ogni ragionevole dubbio” da un esame del Dna. Ma le foto diffuse dalla Cia, il cui direttore Leon Panetta ha pilotato l’intera operazione, non sono né chiare né convincenti. Forse, c’è la volontà di non mostrare troppo. Ma l’intelligence americana dispone di sicuro di più elementi di quelli che per ora rende pubblici.
La sepoltura – La salma di Osama è stata gettata nel Mare Arabico da una portaerei americana, proprio per evitare che una tomba diventasse una meta di pellegrinaggio. Secondo gli americani, tutto sarebbe stato fatto per rispettare la tradizione musulmana, ma un responsabile della moschea d’al-Azhar al Cairo, massima istituzione dell’Islam sunnita, lo nega.
La gaffe – Il coinvolgimento, o meno, dei servizi di sicurezza pachistani nell’uccisione d’Osama diventa oggetto di gaffe e di contraddizioni: il segretario di Stato Hillary Clinton lo riconosce, ma Joe Brennan, capo dell’anti-terrorismo alla Casa Bianca, lo smentisce: Islamabad sarebbe stata tenuta all'oscuro e informata a cose fatte. Se il coinvolgimento c’è stato, non bisognava dirlo, perché le autorità pachistane possono esserne imbarazzate; se non c’è stato, è segno che Washington non si fida proprio di quell’alleato.
La sicurezza – L’eliminazione del capo di al Qaida non significa che il Mondo sia un posto più sicuro. Anzi, l’Amministrazione statunitense e tutti i Paesi occidentali hanno subito provveduto a rafforzare i livelli d’allarme: per Panetta, è “quasi certo” che i seguaci di Osama vogliano vendicarne la morte. E, nel Mondo, le attestazioni di soddisfazione s’intrecciano con quelle di preoccupazione: il dollaro sale, il petrolio cala, le borse vanno su; come la paura.
martedì 3 maggio 2011
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