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domenica 27 novembre 2011

Media: l'Italia degli stereotipi meglio della solita solfa

Scritto per il blog de Il Fatto Quotidiano il 26/11/2011

C’è un’Italia che, sulla stampa estera, sopravvive all'ormai solita solfa dei due Mario (Monti e Draghi) e di Mr B, della crisi e degli sprechi, dei titoli con interessi alle stelle e degli eurobonds che non ci sono. Magari, è l’Italia degli stereotipi, cultura e mafia, moda e sport, ma e' quasi una boccata d’aria pura, o almeno rassicurante, rispetto alle storie da cappa di piombo tutti i giorni in prima pagina, Non che siano tutte vicende di cui menare vanto: il Daily Mail, ad esempio, parla di moda, ma solo perché Gabbana chiama “ladri” gli agenti del fisco che sostengono che lui e Dolce hanno evaso somme enormi; e Le Figaro parla di Fiat solo perche' - dice - la 500 fa flop negli Usa. Anche cultura e turismo, di solito terreni amici, ci riservano qualche delusione: l’Independent smonta il mito della lupa del Campidoglio, che –secondo studiosi tedeschi- non sarebbe opera etrusca del V secolo a.C., ma medievale; e El Pais mette in dubbio l’efficacia del piano per salvare Venezia. La mostra su Leonardo alla reggia della Venaria raccoglie, invece, unanimi consensi; e la stampa d'Oltralpe cerca di farla propria, perche' quelli esposti sono capolavori ‘francesi’, esempio ante litteram di fuga dei cervelli dall'Italia, con Leonardo alla corte di Francesco I. Piace pure, specie ai britannici, la bara con antifurto chiamata -macabro marketing- ‘Mike’. Naturalmente il passato non e' proprio sepolto: il WSJ nelle sue conversazioni culturali s’interroga se l’Italia sia governabile; l’FT dà i voti ai ministri delle finanze dell’eurozona e piazza l'ex Tremonti al penultimo posto, giusto davanti al greco Venizelos; e la Bbc nota che l’Oxford Dictionnary voleva scegliere bunga bunga come parola dell’anno, ma poi ci ha ripensato. Il Telegraph, infine, ripropone una vecchia barzelletta sugli luoghi comuni europei, con la burocrazia dell’inferno gestita da italiani e greci. C’è da ridere? Piuttosto, c’è da piangere.

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