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domenica 13 novembre 2011

Mr B se ne va, Monti arriva, la stampa estera issa il gran pavese

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 13/11/2012

David Letterman, uno dei comici televisivi che anima le serate americane, è forse l’unico ‘commentatore internazionale’ a non fare il tifo per Mario Monti, il professore, alla guida del governo del ‘dopo Berlusconi’. Letterman propone all’Italia come premier Harman Cain, l’eccentrico miliardario nero candidato alla ‘nomination’ repubblicana per le presidenziali 2012: perché –spiega, da comico qual è- “se n’intende di pizza” (ci ha costruito su un impero) ed anche di scandali sessuali (che stanno rapidamente spegnendo la sua fiammata nei sondaggi elettorali). L’idea Cain mescola uno stereotipo –italiani tutti pizzaioli-, un ammiccamento –italiani tutti fissati con il sesso- e, soprattutto, il tentativo di liberare gli Stati Uniti dell’incognita Cain, che come candidato può pure essere divertente, ma come presidente sarebbe un incubo.

Ma la battuta di Letterman tradisce, al fondo, il discredito dell’Italia, dove anche un pizzaiolo saprebbe fare meglio del premier uscente. A rimpiangerlo, Berlusconi, non c’è proprio nessuno: nonostante fosse ormai scontata, almeno per la stampa estera, la notizia delle sue dimissioni ufficiali e definitive è stata data con urgenza da tutte le agenzie mondiali ed ha subito trovato posto sui siti dei maggiori media internazionali.

Le Monde, come altri, scrive che “Berlusconi lascia l’Italia come l’ha trovata”, senza avere, cioè, saputo o voluto attuare le riforme necessarie. FT nota come “gli italiani quasi esitino a festeggiare” questa loro nuova liberazione, ancora increduli o diffidenti. Il Time, che apre con la foto di Mr B l’edizione europea, denuncia l’Italia come “l’economia più pericolosa al mondo” –gli americani hanno la tendenza a dimenticare che la crisi che sta investendo l’Europa è partita dalle ‘mele marce’ della loro finanza-.

Come è unanime la deprecazione del Cavaliere e del ‘malgoverno’, così è unanime l’apertura di credito a Monti: sui media, ma anche da parte dei leader che presto saranno suoi partner nei Vertici e nei consessi internazionali. Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale, esprime la sua “grande stima” per il presidente della Bocconi: “Monti è competente”, ma, di per sé, ciò non basta. “Ci vuole chiarezza e stabilità politica –dice la Lagarde-: l’Italia acceleri le riforme”. Tony Blair, ex premier britannico, testimonia conoscenza e rispetto. E, per Monti, s’erano già spesi, pubblicamente o riservatamente, nei colloqui con il presidente Napolitano, i ‘signori dell’euro’, cioè il presidente francese Nicolas Sarkozy, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente del Vertice europeo Herman Van Rompuy e il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso. Facile pronosticare che proprio loro, insieme alla Lagarde e, magari, al presidente Usa Barack Obama, saranno i primi interlocutori del premier Monti.

Su un altro punto, la valutazione internazionale è concorde: il punto di riferimento dell’Italia, per gli interlocutori internazionali, è stato, in questi giorni difficili e drammatici, il presidente Napolitano, cui si sono rivolti direttamente Obama e Van Rompuy e gli altri leader, ‘bypassando’ Berlusconi.

La foto del professore sta sulla home page di PressEurop, il sito dei siti della stampa europea, sotto un editoriale di Gian Paolo Accardo, italo-olandese, un giornalista di punta della testata. Il titolo ‘Rompere il cerchio’ riprende il tema del “domino dei signori dell’euro”, la caduta di tutti i governi dei Paesi europei alle prese con la crisi del debito. PressEurope promuove un referendum sull’alternativa tra “governo dei tecnocrati” o “dei politici” innescata dalle scelte di Grecia e Italia: i risultati non sono statisticamente significativi, ma una maggioranza assoluta dice no ai ‘governi dei tecnocrati’. Del tema, fa una bandiera The Economist e, in genere, la stampa britannica: i toni non sono certo quelli di Giuliano Ferrara e dei suoi accoliti, ma una vignetta mostra la E dell’euro che frantuma sotto il suo peso la parola ‘democrazia’: titolo, “La tecnocrazia non è la via giusta”.

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