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lunedì 14 novembre 2011

USA-CINA. Obama la cerca alle Hawaii, ma l'ha in casa

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 14/11/2011

Barack Obama va alle Hawaii per incontrare, al Vertice del Pacifico, il presidente cinese Hu Jintao e altri leader e, pur giocando in casa -quello è il 50o Stato dell’Unione e lui lì è nato e cresciuto-, affronta con prudenza il colloquio: non si mette in ginocchio, anzi sfodera gli artigli per difendersi, ma certo non guarda l’interlocutore dall’alto in basso (Pechino ha gran parte del debito americano).
In realtà, per trovare la Cina, Obama non avrebbe bisogno di andare alle Hawaii, in mezzo all’Oceano, a mezza strada tra l’America e l’Asia. La Cina ce l’ha in casa; e sta prendendo potere non solo economico, ma anche politico. Da sempre, la California, il più popoloso Stato dell’Unione, quella che, da sola, sarebbe la settima economia mondiale, accoglie una forte immigrazione cinese, che s’era fin qui accontentata di farsi gli affari suoi e che adesso, invece, dà la scalata agli apparati amministrativi locali.

La popolazione di origine asiatica negli Stati Uniti è cresciuta del 46% negli ultimi dieci anni, ma i suoi rappresentanti occupano una quota esigua delle cariche elettive. Nell’amministrazione Bush, fece notizia la presenza fra i ministri di una sino-americana, Elaine Chao. Qualcosa, però, sta cambiando, proprio partendo dal Pacifico.

Edwin Mah Lee, 59 anni, è diventato l’8 novembre il primo americano di origine cinese eletto sindaco di una grande città: ha vinto le elezioni a San Francisco, battendo una pletora di concorrenti –ben 16- far cui altri sei candidati di origine asiatica. Lee era già sindaco, ma non era stato scelto dai cittadini: era stata, a gennaio, la giunta comunale ad affidargli l’incarico, dopo che il sindaco Gavin Newsom, divenuto famoso su scala nazionale quando cominciò a sposare coppie gay, lasciò il posto vacante per diventare vice-governatore della California.

Ed Lee, inizialmente, non voleva candidarsi, ma poi scese in campo a ritmo di rap: sulle note di ‘2 Legit 2 Quit’, Troppo forte per lasciare, ha schierato, in uno spot televisivo e su youtube, campioni delle squadre di baseball e di football locali e celebrità dello spettacolo, il co-fondatore di Twitter Biz Stone e i manager di Google e YouTube. Una campagna all’americana, mica alla cinese, condita di ironia su se stesso: Attenzione a Baffetto, per via dei suoi baffi sottili, e ancora ‘Ed non arriva a un metro e 60, ma fa bene il suo lavoro’.

A sostenerlo, un comitato di supporters dai nomi etnici, come Rose Pak e Eddy Zheng. Ma anche Dianne Feinstein, senatrice della California, democratica e liberal, lo ha appoggiato. In campagna, gli attacchi da parte del maggiore giornale cittadino, il San Francisco Chronicle, uno dei migliori quotidiani americani, non sono mancati: finanziamenti illeciti, uso improprio di fondi pubblici, pratiche elettorali discutibili. Ma, alla fine, San Francisco, la città che ha la più alta concentrazione di asiatico-americani degli Stati Uniti ‘continentali’ –Hawaii escluse, cioè- e che ha la Chinatown più antica d’America, ha scelto ‘Ed il cinese’ come sindaco.

Se San Francisco si affida a un asiatico, Obama, alle Hawaii, ha cercato di evitare di lasciare le sorti della ripresa americana –e, quindi, in larga misura, della sua rielezione- in mani cinesi. Dopo l’incontro con Hu, è stato molto diretto: la politica economica cinese “ci snerva”, ha detto, aggiungendo che la cooperazione Usa-Cina è vitale e che le relazioni fra i due Paesi possono rafforzarsi e meglio contribuire a consolidare e a “ri-bilanciare” la crescita globale. Per il presidente Pechino “deve giocare secondo le regole” e dovrebbe, quindi, “lasciare apprezzare la sua valuta”, mantenuta artificiosamente bassa.

Hu non ha incassato senza ribattere: ha promesso di contribuire alla crescita mondiale, ma ha notato che “sulla ripresa economica mondiale gravano crescenti instabilità e incertezza”. E –ha aggiunto- “una rivalutazione dello yuan non risolverebbe i problemi dell’America”. In sintesi: America, e pure Europa, datevi una mossa. L’Apec ha creato la più grande zona di libero scambio al mondo, più grande dell’Unione europea.

Più facile, per Obama, l’incontro con il presidente russo Dmitri Medvedev, con cui pure ha parlato d’un soggetto controverso: i rapporti con l’Iran, dopo che l’agenzia dell’Onu per l’energia atomica ha ammesso il potenziale militare dei programmi nucleari iraniani. Usa e Russia vogliono “agire insieme”, ma Washington pensa a inasprire le sanzioni e Mosca, per il momento, no.

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