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giovedì 26 luglio 2012

Crisi: SuperMario il pifferaio magico dell'euro e dello spread

Scritto per EurActiv il 26/07/2012 e, in altra versione, per il blog de Il Fatto il 27/07/2012

Parla SuperMario, anzi il SuperMario di Francoforte, ché noi ce n’abbiamo una scorta, da Roma a Manchester, e non vola più la mosca di uno spread. Come serpenti cobra al flauto di un fachiro, i mercati s’acquietano, anzi si ringalluzziscono: a quelli che vendevano, viene voglia di comprare; e gli spread scendono. Eppure, senza volere nulla togliere a SuperMario, non è che il presidente della Banca centrale europea abbia detto nulla di nuovo né di sorprendente: ha detto, con linguaggio preciso e conoscenza approfondita dei dossier, quello che aveva già detto in passato e che, comunque, doveva dire. E, si noti, ha solo parlato: non ha ancora fatto nulla. Se il potere taumaturgico delle sue parole non sarà stato sufficiente, la Bce dovrà fare seguire i fatti alle parole, magari nella riunione del comitato direttivo del 2 agosto. E, a quel punto, forse, non saranno proprio tutte rose e fiori.

Le cronache dell’Europa ‘pre euro’ sono piene di governatori di banche centrali e di ministri delle finanze, specie italiani, ma anche irlandesi, e pure spagnoli e francesi, che giuravano il venerdì sera sulla intangibilità della loro moneta e il sabato mattina ne annunciavano la svalutazione. Qualche volta mascherata da rivalutazione del marco, che così pareva meno brutto.

Ora, il fatto che Draghi dica che la Banca centrale europea, all’interno del proprio mandato, è pronta a fare qualunque cosa per preservare l’euro - sia pure rincarando la dose con la formula di sfida “credetemi, questo bastera” - e che dichiari fiducia nella intangibilità della moneta unica, nel permanere della Grecia nell’euro e nella sconfitta della speculazione conforta gli spiriti semplici come me. Ma davvero basta a fare battere in ritirata finanzieri che sono squali?

Per un giorno, è bastato. Ma le settimane a venire di questa traversata del deserto estivo restano zeppe d’incognite e di pericoli. E, poi, l’Europa non ha molti altri Draghi da spendere. Ché, se le stesse cose le avessero dette, come pure capita loro di dirle, Olli Rehn, o Manuel Barroso, o anche Jean-Claude Juncker, sarebbero state, in misura magari a scalare, spallucce e sorrisetti: “difese d’ufficio”, le avrebbero catalogate i mercati e la speculazione.

Evidentemente, Draghi ha ancora da giocarsi un capitale che altri non hanno mai avuto o hanno già molto eroso: la credibilità e la fiducia, Però, anche lui deve stare attento a non consumarlo: se nei prossimi giorni l’effetto da pifferaio magico delle sue parole a Londra dovesse stemperarsi, se le borse dovessero riprendere a bruciare ricchezza e lo spread a mangiarsi sacrifici e manovre, la Bce, a questo punto, a quel punto, dovrà intervenire. Perché le parole, se restano tali, senza fatti, quando dei fatti c’è bisogno, si svalutano più in fretta della lira di una volta; o di una dracma fuori dall’euro.

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