Scritto per il blog de Il Fatto Quotidiano il 19/07/2012
Rossella Urru è libera, presto sarà a casa: W Rossella, che
in questi nove mesi di paura, spesso di silenzio, talora di false speranze, è
stata nel cuore e nei pensieri di tutti noi. Rossella non era una turista del
rischio, andatasi a cacciare in una situazione pericolosa per un misto
d’incoscienza e d’insipienza: a 30 anni, è una persona che ha scelto di essere
utile al proprio prossimo, una cooperante esperta e appassionata, da due anni
in Algeria con il Cisp, il Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli.
Al momento del sequestro, era nel sud del Paese, in un campo di profughi
saharawi, una di quelle cause disperate calata nella memoria della mia
generazione, anche se il tempo è passato e uno non si ricorda neppure bene la
storia della gente nel deserto tra Marocco e Algeria.
Rossella è libera, presto sarà a casa. La soddisfazione, la
gioia, il sollievo sono di tutti; e tutti li esprimono, dal presidente della
Repubblica al premier al ministro degli Esteri, alle autorità d’ogni grado e
d’ogni credo. La gente di Samugheo, il suo paese, in provincia di Oristano, suona
le campane a festa ed espone uno striscione nuovo, ‘Liberata’, una
constatazione, una certezza, al posto di quello vecchio, ‘Libera’, che era una
speranza, un appello. Siamo tutti contenti perché Rossella - lo sentiamo, lo
sappiamo, l’abbiamo vista in questi mesi nelle foto dal campo - è, come dice il
ministro della cooperazione, Andrea Riccardi, “una figlia dell’Italia
migliore”.
Rossella è libera: per lei, è finita bene. La memoria va a
Franco Lamolinara, l’ingegnere di Gattinara ucciso nel marzo scorso, con un
altro ostaggio britannico, nel nord della Nigeria, durante un blitz fallito
delle forze di sicurezza locali e inglesi, che avevano voluto tentare un’irruzione
nel covo dei sequestratori, mentre i servizi italiani stavano trattando la loro
liberazione. E l’ansia corre a Giovanni Lo Porto, siciliano, cooperante
anch’egli, catturato il 19 gennaio con un collega tedesco nel Punjab, in
Pakistan, da allora nelle mani –pare- d’un gruppo di talebani: è l’unico
italiano nel Mondo attualmente sequestrato.
Nelle cronache, la soddisfazione, la gioia, il sollievo per
Rossella s’intrecciano con l’interrogativo scontato in questi casi: c’è stata
trattativa?, è stato pagato un riscatto? E scatta l’ipocrisia rituale: nessun riscatto,
nessuna trattativa. Ora, io non ho idea se vi sia stato negoziato e se sia
stata pagata una somma o altro, ma certo non troverei né sorprendente né scandaloso
se ci fosse stato riscatto e baratto, soldi o prigionieri. Capisco che si
mantenga il riserbo sul quanto e sul come, ma perché non volere ammettere quella
che appare un’evidenza? Nelle vicende degli ostaggi, si sa che americani e
britannici tendono a non trattare, mentre gli altri, tedeschi e francesi,
spagnoli e italiani, ma anche giapponesi e coreani, quando tocca a loro, danno
la precedenza alla salvezza del seauestrato piuttosto che alla salvaguardia dei
principi.
Tanto più che le bugie, anche quelle non necessarie, anzi
forse soprattutto quelle, hanno le gambe corte: secondo i mediatori del Burkina
Faso, Rossella e i due cooperanti spagnoli rapiti con lei e trattenuti – ppare
– da gruppi in combutta con al Qaida sono stati liberati in cambio di tre
estremisti islamici, due detenuti in Mauritania e uno in Niger. Addirittura, se
è vera, una storia da intrigo internazionale, dietro cui ci starebbe un lavorio
diplomatico e di intelligence di cui andare magari fieri e non da negare.
giovedì 19 luglio 2012
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