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giovedì 3 febbraio 2011

Egitto: Obama conta i giorni di Mubarak

I giorni di Mubarak si contano a Washington e nelle capitali occidentali, più inclini a 'mollare' il rais egiziano dopo che il presidente statunitense Barak Obama l'ha invitato ad avviare « immediatamente » una transizione del potere pacifica.

Martedi’ sera, dopo il discorso con cui Hosni Mubarak s’è impegnato a lasciare la presidenza, ma non prima delle elezioni di settembre, Obama e' stato con lui al telefono 30 minuti: non gli ha chiesto di andarsene da un giorno all’altro, come anche ieri ha fatto la gente scesa nelle strade delle città d’Egitto, ma gli ha detto di essere convinto che «una transizione ordinata deve essere significativa, deve essere pacifica e deve cominiciare subito, ora».

Per dialogare con il rais, senza passare la giornata al telefono, il presidente statunitense ha mandato al Cairo un suo inviato, Frank Wisner, ex ambasciatore in Egitto che conosce bene Mubarak. "Quando due vecchi amici si ritrovano, possono effettivamente avere una conversazione", dicono al Dipartimento di Stato.

Figlio di un pezzo grosso della Cia, Wisner e' un 'fixer', una persona che risolve i problemi. George W. Bush lo aveva mandato in Kosovo al momento della dichiarazione di indipendenza.

Resta da vedere qual e' il mandato di Wisner: l'Amministrazione Usa ha ormai capito che il rais se ne deve andare. Ma ci sono incognite che pesano: come e, soprattutto, per fare posto a chi? Mentre Wisner consegna a Mubarak il messaggio di Obama, l’attuale ambasciatore al Cairo, una donna, Margaret Scobey, tiene contatti telefonici con Mohamed ElBaradei, l’ex capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica di Vienna, un Nobel per la Pace che molti in Occidente vedono al posto di Mubarak (ma gli egiziani che manifestano non paiono pensarla allo stesso modo).

L'uscita di scena ormai scontata del rais pone grossi interrogativi mediorientali, a Washington come a Gerusalemme e altrove, e frena, almeno nel breve termine, l'ipotesi gia' flebile di sviluppi di pace nella Regione. A Obama, puo' pure andare bene: nessuno gli potra' presentare il conto, con quello che sta accadendo nel Medio Oriente, se israeliani e palestinesi non avranno fatto la pace a fine anno, come da impegni l'autunno scorso. Intanto, la politica esteri Usa va avanti su altri fronti: Obama ieri ha firmato gli strumenti di ratifica del Trattato Start con la Russia, per la riduzione degli armamenti nucleari strategici.

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