Scritto per Il Fatto Quotidiano del 02/02/2011
Il relitto di una nave greca naufragata al largo della Toscana nel 130 a.C. sta svelandoci segreti ‘sommersi’ della medicina antica: la notizia arriva da Washington e affascina la stampa americana, Washington Post e New Scientist, AOL News e Minnesota Post e decine di altre testate online e tradizionali. ‘Il relitto del Pozzino’, come viene comunemente chiamato, ha fornito “le prime prove fisiche” di com’erano fatti, e di che cosa erano fatti, i medicinali prescritti da dottori dell’Antichità come Galeno e prodotti da farmacisti famosi come Pedanius Dioscorides, attivo in Roma nel I Secolo a.C.. A bordo della nave, ben conservata sul fondo del mare, c’erano vetri siriani e ceramiche greche, scatole di legno e fiale, tutto originario del Mediterraneo orientale. Una parte del carico aveva a che fare con l’arte medica: strumenti, portapillole, contenitori. Dentro uno di questi, stagno all’acqua per oltre due millenni, delle pillole, o delle tavolette, rimaste incredibilmente secche. La scoperta risale al 1989, ma solo ora, vent’anni dopo, gli archeobotanici della Smithsonian Institution hanno potuto analizzare quei reperti. Le analisi mostrano che le pillole erano fatte con oltre dieci sostanze vegetali, dall’ibisco al sedano, dalla carota alla cipolla e persino al girasole, che finora si credeva arrivato in Europa dall’America poche centinaia di anni or sono. Alcune di quelle piante hanno qualità mediche tuttora riconosciute: rimarginano ferite, curano il mal di testa, tirano un po’ su. Adesso, medici e biologi s’interrogano: quelle medicine antiche potrebbero ancora funzionare contro le malattie moderne? Cavia cercasi, per testarne l’effetto. Male, almeno, non dovrebbero farne.
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