Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/02/2011
Davanti al rischio d’un esodo in massa dalle coste dell’Africa del Nord, l’Italia non raccoglie a Bruxelles la solidarietà che s’aspetta dall’Europa, o che almeno chiede. "Alcuni ministri hanno espresso una chiusura totale sul principio dello smistamento dei richiedenti asilo che potrebbero arrivare sulle nostre coste dopo la crisi in Libia", ammette, dopo un Consiglio dei Ministri dell’Ue svoltosi «con il freno a mano tirato», il ministro dell’interno Roberto Maroni, che aveva cercato mercoledi’ di precostituire un fronte dei Paesi del Mediterraneo in seno all’Ue, con una pre-riunione a Roma.
Che l’obiettivo di un meccanismo di distribuzione dei rifugiati non sarebbe stato centrato lo si era capito presto, ieri, a Bruxelles: appena s’è cominciato a parlare d’immigrazione, il ministro francese Brice Hortefeux, uno dei peggiori della ‘corte’ dell’Eliseo, se n’è andato. Segno inequivocabile che non si sarebbe deciso nulla. E Maroni commenta: "Non é solidarietà dire all'Italia e agli altri Paesi mediterranei che gli immigrati sono affari vostri", dopo la richiesta di definire «un sistema d’asilo europeo». Cosi’, il ministro leghista si scopre «più europeista di certi europeisti»: l’europeismo dell’opportunismo, che tiri fuori solo quando hai bisogno di quello altrui, non certo della convinzione.
Di fatto, l’Europa non mostra nè coesione nè solidarietà. Ma l’Italia non è vittima pura e innocente: l’Ue non bisogna invocarla solo nei momenti della crisi propria, ma bisogna praticarla anche nei momenti delle crisi altrui; e le questioni spinose non vanno affrontate quando c’è la crisi, ma quando c’è la serenità per farlo. E non giovano alla credibilità delle autorità di Roma le drammatizzazioni e le esagerazioni di cui sono stati interpreti il ministro degli esteri Frattini e lo stesso Maroni: quando, ad esempio, hanno denunciato la mancanza di assistenza di Bruxelles (che avevano inizialmente rifiutato); o quando ingigantiscono le dimensioni dell’esodo e ne enfatizzano la valenza terroristica.
Ancora ieri, a Bruxelles, Maroni ha rilevato : « Sono molto preoccupato per quanto accade in Libia: al Qaida dice che sostiene i ribelli ed è contro Gheddafi. E noi che cosa facciamo? Dobbiamo evitare che la Libia si trasformi in un nuovo Afghanistan”. Messa giù cosi’, pare quasi che noi, cioè l’Europa, si debba sostenere Gheddafi, che non solo ci protegge dalla fuga verso l’Europa dei poveri cristi, ma ci fa pure da scudo ai terroristi.
E neppure aiutano la causa dell’Italia sortite come quelle dell’assessore veneto ai flussi migratori Daniele Stival, che evoca «il mitra» come possibile risposta all’ondata migratoria dal Nord Africa, salvo poi ‘correggere il tiro’, tenendo, pero’, la mira ferma: «E’ solo un’immagine, ma altri Paesi, come Spagna e Grecia, usano le maniere forti, che funzionano». Sparare no, respingere si’. Il suo presidente Luca Zaia prende le distanze, ma denuncia l’Ue, «che ci lascia soli di fronte a una diaspora» e mette i paletti alla solidarietà da dispensare «al popolo, non ai delinquenti».
Insomma, per il momento, sulla Libia c’è solo un’Europa delle dichiarazioni –una, anche, ieri, congiunta con la Russia, dopo una visita alla Commissione europea del premier Putin ‘scortato’ da ben 12 ministri- e del coordinamento delle operazioni d’evacuazione dei propri cittadini. E’ vero che i 27 preparano « misure restrittive », cioé sanzioni, contro il regime di Gheddafi, ma la loro natura e l’esatta portata, oltre che la data e le condizioni d’entrata in vigore, devono ancora essere decise –guarda caso, fra i Paesi più restii ad adottarle ci sono l’Italia, Malta e Cipro, proprio tre in prima linea nel chiedere solidarietà per fronteggiare l’esodo dall’Africa del Nord-.
Sostegno a chi si batte per la libertà e, forse, la democrazia; condanna delle violenze; auspicio che Gheddafi se ne vada: una litania. C’è di che deludere Barack Obama, dopo che, al presidente statunitense, proprio la Libia, dopo la visita alla Casa Bianca del presidente francese Nicolas Sarkozy, fa riscoprire l'Europa. L’idea di Obama è: «Noi americani non conosciamo il problema. Lasciamo fare a loro, agli europei, che ne sanno di più». E lunedi’ il segretario di Stato Hillary Clinton verrà in Ginevra, proprio per consultarsi sulle snazioni con colleghi europei. E qui rischia di cascare l’asino: l’Almerica potrebbe accorgersi che l'Europa non c'è', non ha idea di quel che sta accadendo, nè ha progetti (men che meno quello militare di una ‘no flight zone’). Una cosa, Obama l’ha ben chiara: sulla Libia, del giudizio di Berlusconi non si fida, tant’è che, per un consiglio, chiama Sarkozy e il premier britannico David Cameron. Quelli con diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu; quelli che ‘fra Grandi, ci si capisce’.
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