L’Esm,
cioè il nuovo fondo salva Stati permanente, è una realtà. La Tobin Tax resta
un’incognita, almeno fino a domani. A Lussemburgo, dove sono riuniti i ministri
delle finanze dei Paesi dell’Ue, il meccanismo di stabilità europeo è entrato
in vigore, con la prima riunione del suo consiglio dei governatori. Invece, la
sorte dell’iniziativa lanciata la scorsa settimana da Germania e Francia per
una cooperazione rafforzata sulla Tobin Tax è appesa al doppio filo del
consenso di Italia e Spagna.
La
Tobin Tax ha finora raccolto l'adesione ufficiale di sei Paesi dell'Eurozona
(oltre ai due promotori, Austria, Belgio, Portogallo e Slovenia). Se ne parlerà
domani all’Ecofin: lì, Roma e Madrid intendono sciogliere la riserva sull'introduzione
di una tassa sulle transazioni finanziarie, i cui proventi potrebbero
finanziarie iniziative europee anti-crisi. Grecia ed Estonia sarebbero pronte
ad aderire, mentre sicuramente e recisamente contrarie all’idea sono Gran
Bretagna, Irlanda e Svezia. La cooperazione rafforzata, come prevista dal
Trattato di Lisbona, consente a un gruppo ristretto di Paesi dell’Ue (almeno
nove) di adottare misure che altri invece non vogliono.
Scontato
dopo che il 12 settembre la Corte suprema tedesca aveva dato il suo ok, il
lancio dell’Esm è “una tappa storica nella costruzione dell’Unione monetaria”
ha dichiarato il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. La zona euro
“è ora dotata di una porta antincendio permanente ed efficace”. Alla firma
dell’atto di nascita del nuovo strumento finanziario europeo anti-crisi, erano
presenti i ministri delle finanze, il presidente della Banca centrale europea
Mario Draghi e la direttrice dell’Fmi Christine Lagarde.
La
ventata d’ottimismo suscitata dal varo dell’Esm non è stata messa a tacere
dalla pubblicazione di nuove stime Ocse, per cui l’indebolimento della crescita
nelle grandi economie mondiali proseguirà nei prossimi mesi, in particolare
nell’Eurozona, mentre il degrado della crescita in Cina pare stabilizzarsi.
Un’analisi, del resto, in linea con quella appena fatta da Draghi, che vede
protrarsi nell’Eurozona una crescita debole.
A
Lussemburgo, ci sono pure stati echi delle posizioni del premier britannico
David Cameron sul bilancio comunitario, di cui si sta discutendo il quadro
d’insieme 2014/’20: Cameron ipotizza bilanci superati per l’Eurozona e il resto
dell’Ue –un’idea che trova pochi consensi ed è comunque giudicata prematura-,
evoca il ricorso al diritto di veto per bloccare un accordo non gradito a
Londra e sollecita tagli al welfare per ridurre i deficit –una ricetta ormai
indigesta ai cittadini europei-.
Tutto
ciò alla vigilia della visita in Grecia della cancelliera Angela Merkel, la
prima dall’inizio della crisi. Il governo di Berlino ha espresso “rispetto” per
le riforme decise da Atene, “misure che sappiamo costare – dice il portavoce
Steffen Seibert- duri sacrifici”. La replica è stata senza asprezze: la visita
della Merkel è vista come “un messaggio di fiducia” nella capacità della Grecia
“di rimettere in ordine i propri conti e di restare nell’euro”. Atene vuole
“lanciare un messaggio di stabilità”, perché – spiega il governo – “per attuare
il programma bisogna prima tacitare tutte le voci su una possibile uscita
dall’euro”. Però, sabato era stato il premier Antonio Samaras a drammatizzare,
evocando lo spettro della repubblica di Weimar che terrorizza i tedeschi:
“Abbiamo fondi solo fino a novembre, ci serve più tempo per risanare, se
falliamo è il caos”.
La
situazione greca, come quella spagnola –Madrid non ha ancora deciso se chiedere
un’altra mano ai partner europei-, saranno al centro, il 18 e 19 ottobre, del
Consiglio europeo.
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