Fa
discutere gli europeisti, il Nobel per la Pace all’Unione europea: un po’
perché anche chi crede nell’integrazione e le riconosce il merito della pace
più lunga mai vissuta dal Continente, trova che il momento non sia stato scelto
bene; e un po’ perché c’è il rovello di chi il premio andrà a ritirarlo a Oslo
il 10 dicembre. Si profila un ingorgo istituzionale tra i presidenti del
Consiglio europeo Herman van Rompuy, della Commissione europea Manuel Barroso e
del Parlamento europeo Martin Schulz, senza contare la responsabile della
politica estera dell’Unione Lady Ashton e senza neppure citare quelli di turno
del Consiglio dell’Ue, addirittura il presidente o il premier cipriota.
Sinceramente,
nessuno di questi personaggi sembra avere la statura, o la storia, europea per
ricevere un premio che è soprattutto un riconoscimento ai Padri dell’Europa,
Robert Schuman, Jean Monnet, Altiero Spienlli: loro che, mentre il Continente viveva
nelle tenebre del nazismo e della guerra, o faticava a ricostruirsi dalle
macerie del conflitto, seppero intravvedere il percorso della pace e
dell’Unione: loro che non ci sono più.
Sabato,
è stato lanciato su Facebook un sondaggio su chi mandare a Oslo con cinque nomi
bloccati: questa mattina, Barroso aveva avuto 240 designazioni, Van Rompuy 151,
Schulz 68 e la Ashton 9 (di troppo). Jacques Delors, presidente della
Commissione dal 1985 al 1985 per due mandati quinquennali consecutivi,
l’artefice del Trattato di Maastricht, un personaggio europeo sicuramente degno,
ha avuto 110 voti. La voce ‘nessuno di questi’ ha raccolto 190 consensi.
Contemporaneamente,
e sempre su Facebook, nasceva sabato il gruppo “Let Pier Virgilio Dastoli pick
up the Nobel Prize in Oslo”, creato da Angelo Consoli, direttore in Europa della
‘Fondazione on Economic Trends’ di Jeremy Rifkin, quello del ‘sogno europeo’.
Questa mattina, la candidatura di Dastoli aveva già raccolto quasi 1600
adesioni e continuava a collezionarne: quelle, fra gli altri, di Barbara Spinelli,
figlia di Altiero, di Giuliano Amato, di parlamentari europei e nazionali, del
Movimento europeo -Dastoli è presidente del Consiglio italiano-, di varie
sezioni del Movimento federalista.
Insomma,
l’idea di Consoli piace agli europeisti: un po’, come sberleffo agli uomini delle
istituzioni che oggi guidano l’Unione con prudenza e senza visione; e un po’ come
omaggio ai Padri fondatori. Perché consegnarlo a Dastoli sarebbe un po’ come metterlo
nelle mani di Spinelli, di cui Dastoli fu a lungo collaboratore, al suo fianco
anche negli anni dal 1979 all’ ’86 da parlamentare europeo, quando Spinelli
animava il Club del Coccodrillo e promuoveva quel progetto di Trattato istitutivo
dell’Unione europea dai marcati tratti federali, approvato dal Parlamento nel
1984 e tuttora documento di europeismo più avanzato di tutti i Trattati
successivamente approvati.
Nonostante
il piccolo plebiscito online, Dastoli ad Oslo a ritirare il premio, quasi
sicuramente, non ci andrà: magari, qualcuno spiegherà che l’Europa non può
ripiegarsi sul passato, deve guardare avanti, come se Van Rompuy, Barroso o
Schulz fossero il futuro. Ma il segnale da Facebook è chiaro: la voglia di
buona Europa resta forte.
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