Scritto per Il Fatto Quotidiano del 13/10/2012
Un Nobel per la Pace alla memoria, ché certamente Robert
Schuman, Jean Monnet, Altiero Spinelli e altri padri dell’Europa unita lo
avrebbero meritato, loro che, mentre ancora il Continente viveva nelle tenebre
del nazismo e della guerra, o faticava a ricostruirsi dalle macerie del
conflitto, seppero intravvedere il percorso della pace e dell’Unione. Oppure,
come molti ieri hanno detto, un Nobel alla speranza, un po’ come quello
inopinatamente dato a Barack Obama all’inizio del suo mandato, quando ancora
non aveva fatto nulla per meritarselo (e, in fondo, deve ancora farlo): per
spingere l’Europa a uscire dalla crisi ed a recitare un ruolo di aggregazione
sulla scena mondiale.
Sì, ma perché oggi?, che l’Unione europea attraversa la sua
crisi peggiore –cito dal discorso all’Onu del premier Monti, il 26 settembre- e
che non sa dare risposte alle attese dei suoi cittadini, lavoro, crescita, equità, mentre vive in sordina, al traino più
che a cassetta, gli sviluppi internazionali, anche quelli a lei più vicini, sulla
Riva Sud del Mediterraneo. Forse, il Nobel 2012 è ‘real politik’: dopo il
dissidente cinese, un letterato ‘ortodosso’; e, messe le cose a posto con
Pechino, perché muovere le acque con Mosca o con Teheran?
Nessuno dubita che, con la sua storia, l’Unione europea
questo premio se lo sia meritato: la pace più lunga mai vissuta in Europa dai
tempi incerti della ‘pax romana’; la riunificazione del Continente dopo la
caduta del Muro di Berlino e il crollo del comunismo; e, tuttora, un disegno di
superamento dentro l’Unione dei conflitti dei Balcani. E la presenza decennale nei
Paesi in via di sviluppo, non solo per le emergenze, ma per la costruzione di
un rapporto economico e commerciale con l’Africa, i Caraibi, il Pacifico.
Nelle motivazioni, il comitato
norvegese per il Nobel ripercorre le tappe della costruzione dell'Unione. A
Romano Prodi, ex presidente della Commissione di Bruxelles, il premio suggerisce
una riflessione: “Abbiamo avuto secoli di guerre: ogni generazione è stata
toccata da una guerra. Ora,per la prima volta abbiamo avuto 60 anni di pace. E’
una radicale novità”. E il presidente Napolitano parla di “progetto di pace”,
mentre Monti e altri sottolineano il richiamo dell’Ue all’esterno.
Oggi, però, il Nobel non se l’aspettava nessuno. Neppure i
leader dell’Unione, che hanno tutti dichiarato, quasi all’unisono, sorpresa e
soddisfazione. E c’è stata una pausa
nelle trattative in atto, a una settimana dall’ennesimo Vertice europeo, tra
fughe in avanti d’una minoranza di Paesi (l’introduzione di una tassa sulle
transazioni finanziarie) e battute d’arresto sulla via della soluzione delle
crisi greca e spagnola.
Curioso, poi, che il premio all’Unione arrivi da un Paese
che, per due volte, s’è rifiutato di entrarvi, addirittura con un referendum e
dopo avere concluso minuziosi negoziati. E non è che i norvegesi abbiano
cambiato idea: il premier Jens
Stoltenberg si congratula, ma ripete che l'ingresso nell'Ue non è sull'agenda
di Oslo.
La scelta suscita
ironie a Mosca, dove gli anti-Putin l’aspettavano, e non solo. ''Prima a Obama, ora alla Ue. Chi sarà il
prossimo? Forse l’organizzazione per la cooperazione di Shangai?“, dove stanno
alcuni dei cattivi del Mondo. E ancora: “Una dimostrazione d’impotenza del
comitato, per il quale gli interessi politici si rivelano superiori agli ideali
della democrazia”. E c’è chi ricorda che il Nobel a Gorbaciov nel ’90 precedette
la dissoluzione dell’Urss: cornacchie del malaugurio
Adesso, salterà fuori il problema di decidere chi andrà a ritirarlo
il premio a Oslo, tra i presidenti del Consiglio europeo, della Commissione
europea, del Parlamento europeo e quello di turno del Consiglio dell’Ue, senza
contare la responsabile della politica estera dell’Unione: si profila un
ingorgo istituzionale. Quanto alla cifra
del premio, quella c’è da sperare la spendano bene.
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