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martedì 23 ottobre 2012

Usa 2012: dibattito3, meglio Obama, ma Romney non va ko

Scritto per L'Indro il 23/10/2012

Barack Obama vince l’ultimo duello in diretta televisiva con Mitt Romney: i sondaggi indicano che il presidente democratico s’è nettamente imposto  sul rivale repubblicano, addirittura 53% a 23% secondo la Cbs, con meno divario secondo la Cnn. La mia percezione è stata più sfumata, forse perché si parlava soprattutto di politica estera: Romney partiva con l’handicap, ma se l’è cavata, senza gaffes né errori; Obama era più a suo agio e ha sfruttato il terreno favorevole. Resta da vedere l’impatto che il dibattito avrà sull’elettorato, certo più attento all’economia e all’occupazione che agli affari internazionali.

Sulla politica estera, Romney ha confermato l’evoluzione moderata della sua campagna, che aveva invece avuto, durante le primarie, una deriva conservatrice, per contrastare gli antagonisti populisti e ultra-religiosi. Su molti terreni, la Primavera araba, la Siria, la lotta al terrorismo, il repubblicano ha sposato la linea del presidente, al punto che, sui social media, tamburellava il messaggio ‘Romney appoggia Obama’. Lo scivolone più clamoroso l’ha fatto il moderatore, Bob Schieffer, simbolo della Cbs e veterano dei dibattiti: ha parlato dell’uccisione di ‘Obama’ bin Laden, invece che di Osama.

Più che lo sfidante, è stato il presidente ad andare all’attacco. “La guerra fredda e' finita. Lo sa?”, ha così chiesto Obama a Romney, definendone le posizioni su Iraq e Afghanistan “non solo sbagliate, ma tali da mandare un segnale confuso”. Quando il repubblicano ha denunciato che le forze armate statunitensi dispongono, oggi, di meno unità navali che in passato, il democratico ha replicato: “Abbiamo anche meno cavalli e baionette, ma questo non significa che siamo meno forti”. Infine, Romney, nell’appello finale, s’è impegnato a riprendere “la torcia della libertà e della speranza”, mentre Obama l’ha accusato di volere “riportare indietro” l’America agli anni di George W. Bush.

Scintille sulla Cina, che il miliardario mormone ha esplicitamente accusato di “manipolare” i tassi di cambio, e sull’industria dell’auto, rientrata dalla finestra cinese nel dibattito sulla politica estera. Ma Michael Moore, il regista icona dei liberal americani, ha commentato sul suo twitter: "Hey, nessuna menzione di Europa, di America Latina, di Antartide … E' vero che, se non possiamo bombardarti, non parleremo mai di te".

E, in effetti, l’Europa è stata totalmente assente: non è stata citata neppure con riferimento ai rischi di contagio della crisi del debito. L’unico accenno, non lusinghiero, è venuto nel finale da Romney: “Obama conduce l’America sulla via della Grecia”. Il che non ha evitato al candidato repubblicano il giudizio tagliente di Maurizio Caprara, inviato del Corriere della Sera: “Ha fatto la figura dell’orecchiante”.

Le valutazioni a caldo della stampa sono in linea con i sondaggi: Obama vince, ma Romney non cade; oppure, Obama convince, Romney fa il moderato. Restano, ora, due settimane di campagna, fino all’Election Day del 6 Novembre: il presidente s’è subito rivolto ai suoi sostenitori, “Tocca a voi, datemi una mano”, perché l’esito del confronto è estremamente incerto.

Prima del dibattito i sondaggi erano contraddittori: per tutti, però, grande equilibrio, con l’eccezione della Gallup che vede Romney avanti al di là dei margini d’errore del rilevamento. Decisivi gli Stati in bilico,  specie Ohio e Florida –l’ultimo dibattito s’è svolto proprio lì a Boca Raton-: Obama e Romney ci passeranno la maggior parte del loro tempo, a caccia di Grandi Elettori. Su 538, quelli ancora in palio sono, a seconda delle fonti, 128 o 148, in nove o dieci Stati (c’è chi già assegna la Pennsylvania al presidente e chi la considera ancora aperta).

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