Scritto per il blog de Il Fatto il 19/06/2013
Nelle ultime 48 ore, i tg di tutte le reti ci hanno
propinato immagini campestri di combriccole d’amici intenti a passeggiare
conversando per campagne verdi o a discutere sorridendo seduti intorno a un
tavolo rotondo, a dire il vero piuttosto piccolo: sempre in maniche di camicia,
o al più, quando la temperatura calava, con la giacca addosso, ma senza
cravatta… La compagnia era un po’ bizzarra: tanti uomini e una sola signora,
che pareva quella che si divertiva di meno, la più sussiegosa e la meno
sportiva; tutta gente matura, ma non vecchia –anzi, il meno giovane, 60 anni
ben portati, era un fusto dallo sguardo magnetico e dai muscoli evidenziati
come solo Balotelli, qui da noi, sa fare-…
Solo se si prestava orecchio al commento e si
scrutavano i volti, si capiva che quelli erano i Grandi del Mondo, i leader del
G8, andatisi a riunire in un posto che per trovarlo sulle cartine vi ci vuole
l’ultima versione di Google Maps, stile Echelon o –visto che è di moda- Datagate: Lough Erne, verde, laghetti e tranquillità (prima che ci arrivassero loro), non
lontano da Enniskillen –e dov’è?-, due ore d’auto a ovest di Belfast. Arrivati
lì, i Grandi sono parsi soprattutto preoccupati di fare pervenire ai loro
cittadini cartoline da vacanza: siamo qui, stiamo bene, ci rilassiamo un sacco.
Il tutto all’insegna del binomio “casual”,
informale, e “smart”, intelligente. Ma chi mai l’ha detto che quel binomio vale
un assioma? E, poi, mica m’è chiaro perché sette miliardi d’individui sulla
Terra dovrebbero sentirsi rassicurati dal vedere i leader del G8 trascorrere insieme
gradevolmente qualche ora in un posto remoto. Io, personalmente, mi sentirei
più rassicurato se li vedessi lavorare sodo, magari con la fronte un po’
aggrottata da preoccupazioni che sono pure le nostre.
Ché, poi, di certe cose, la crescita, il lavoro,
l’evasione fiscale, il riciclaggio, il commercio mondiale e via dicendo, o la
tragedia della Siria e il futuro della Libia, a parlarne come se stessi in
vacanza perdi un po’ di peso, magari pure di credibilità.
E neppure sempre ci riesci, a far vedere che sei tra
amici. Quando Obama e Putin –a proposito: è lui, il 60enne palestrato- si sono
presentati ai giornalisti dopo il loro bilaterale, avevano l’aria d’essere
reduci da una zuffa verbale: guardarsi negli occhi, il meno possibile… Almeno, Obama non ha avuto la faccia tosta di
dire, come fece Bush al primo incontro con il leader russo, di avergli letto in
fondo all’anima (se pure fosse, è scritto in cirillico e Bush, che aveva già difficoltà
a leggere l’inglese, se le parole erano lunghe, non ci avrebbe capito nulla).
Ma tant’è, i Vertici dei Grandi del XXI Secolo sono
così: dopo la tragedia di Genova 2001, paura e prudenza hanno indotto il G8 a
cambiare formula e luoghi: non più ‘riunioni jumbo’ fra leader e ministri degli
esteri e delle finanze, ma solo i leader; e luoghi difficili da raggiungere,
magari isolotti. Lì, si è al riparo
dalle contestazioni; la privacy, invece, resta comunque esposta, perché - s’è
appena scoperto - i padroni di casa si prendono la briga di spiare gli ospiti e
gli altri lo fanno fra di loro.
Il nuovo corso, lo cominciarono, nel 2002, i canadesi,
scegliendo come luogo del Vertice Kananaskis, fra le Montagne Rocciose –due ore
e 2000 alci dal centro stampa di Calgary-. E man mano la tendenza è divenuta
dominante. Di pari passo, s’è affermato il carattere informale e ‘disteso’ del
meeting nuova versione: giacca senza cravatta, o addirittura maglietta… Come
s’è così si decidesse meglio, come se ‘casual’ fosse sinonimo di ‘smart’…
Insomma, un ritorno alle origini, alle ‘chiacchiere
intorno al caminetto’ del primo appuntamento, nel castello di Rambouillet in
Francia, nel 1975, dove i leader degli allora 5 Grandi più uno, l’Italia, si
riunirono per migliorare la loro intesa. Ma c’è da scommetterci, che, allora,
il presidente francese Valery Giscard d’Estaing e i suoi ospiti erano in giacca
e cravatta. Meno ‘casual’, certo. Ma non per questo necessariamente meno ‘smart’.
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