Scritto per Il Fatto Quotidiano del 23/06/2013
Gli amici della Siria, che sono poi gli amici dei nemici del
regime del presidente Assad, decidono d’intensificare l’aiuto, anche militare,
ai ribelli. Ma lo faranno in ordine sparso con accordi segreti. L’obiettivo condiviso
è di rovesciare di nuovo a favore degli insorti i rapporti di forza sul terreno,
che sono ora favorevoli ai ‘lealisti’. L’elemento di discordia è se fornire
pure armi: Italia e Francia non ci stanno, la Gran Bretagna nicchia.
Gli amici dei nemici di Assad vogliono che i ribelli giungano
in posizione di forza alla conferenza di pace di Ginevra, cui si continua a
lavorare, ma che “non si terrà nelle prossime settimane”, afferma il ministro britannico
Hague. Invece, ora, i lealisti, sostenuti dall’Iran e pure dall’Iraq e
affiancati dagli Hezbollah, vanno riprendendo quartieri di Damasco e Aleppo
sfuggiti loro di mano. Ieri, tiri di mortai nella capitale hanno ucciso tre
bambini
Le decisioni della riunione di Doha nel Qatar irriteranno di sicuro la Russia , contraria a dare armi
agli insorti, ma attiva nel migliorare le capacità d’attacco del regime. Gli
Usa giocano a carte un po’ coperte, ma il Los Angeles Times rivela che da mesi Cia
e commando americani addestrano i ribelli
Il gruppo degli 11 amici della Siria concorda “aiuti urgenti
in materiale ed equipaggiamenti” perché l’opposizione possa fronteggiare “gli
attacchi brutali” del regime di Damasco. Ma poiché non c’è intesa sulle armi, e
l’aiuto militare diretto lascia molti perplessi, ogni Paese fornirà aiuti agli insorti
“a modo suo”. Finora, il grosso delle armi arriva ai ribelli dall’Arabia
saudita e dal Qatar, una sorta di ‘internazionale sunnita’.
Nel comunicato pubblicato a lavori conclusi, si afferma che
“ogni aiuto militare sarà convogliato “ attraverso l’Alto consiglio militare
siriano cui fa capo l’Esercito siriano libero, principale forza dell’opposizione
armata. La formula nasce dall’intento di evitare che il materiale occidentale
cada nelle mani dei gruppi estremisti, integralisti e terroristi presenti sul
territorio siriano. E il ministro degli esteri del Qatar, lo sceicco Hamad ben
Jassem Al Thani, cita esplicitamente “accordi segreti” e ammette le riserve di
alcuni sulla fornitura di armi. Emma Bonino dice che Italia darà “ogni aiuto
tranne armi”, che “Ginevra 2 è l’unica via” e che bisogna “incoraggiare
l’opposizione ad assumere una leadership politica con una composizione più
stabile”.
C’è il rischio che si stiano creando le premesse perché, fra
qualche anni, magari proprio qui a Doha, gli Stati Uniti debbano intavolare trattative
di pace con siriani rivelatisi loro nemici, ma da loro ora foraggiati e armati.
Come avvenuto in Afghanistan, dove
Washington negli Anni 80 armò i talebani in funzione antisovietica, salvo poi
trovarseli a capo d’uno Stato santuario del terrorismo di al Qaida e nemici in
una guerra di 12 anni che potrebbe ora sfociare in una trattativa nel Qatar.
Kerry ammette che ogni Paese farà “a modo suo” e non impegna gli Usa a fornire armi. Washington punta a una soluzione politica al conflitto, che, secondo dati avallati dalle Nazioni Unite, ha fatto più di 93mila vittime in oltre due anni. La formula preferita resta quella d’un governo di transizione, indicato dal regime e dall’opposizione, senza Assad –ma Mosca su questo punto non ci sente-.
Kerry ammette che ogni Paese farà “a modo suo” e non impegna gli Usa a fornire armi. Washington punta a una soluzione politica al conflitto, che, secondo dati avallati dalle Nazioni Unite, ha fatto più di 93mila vittime in oltre due anni. La formula preferita resta quella d’un governo di transizione, indicato dal regime e dall’opposizione, senza Assad –ma Mosca su questo punto non ci sente-.
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