Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/06/2013
Sono le ‘talpe della verità’, si ergono ad ‘alfieri della
libertà’ ed a ‘tutori della democrazia’ nell’era di internet: tutti giovani, le
donne di Enron e Worldcom, il soldato Manning, gli informatici nerd Swartz e Snowden,
espongono l’Amerika al giudizio del Mondo. Con loro in campo, il presidente
degli Stati Uniti, più che l’impeachment del Congresso, che sta dalla sua, deve
temere quello dell’opinione pubblica. Età, ruolo, apparente inconsapevolezza
dei loro gesti, ben poco li apparenta a Mark Felt, la mitica ‘gola profonda’
dello scandalo Watergate, o a Daniel Ellsberg, l’artefice dei Pentagon Papers,
la fuga di notizie che nel 1971 cambiò il corso della Guerra del Vietnam.
Alcuni sono personaggi convincenti, altri sembrano
inadeguati all’impresa che compiono. E’ il caso di Edward Snowden, 29 anni,
l’analista dell’intelligence all’origine del Datagate, le cui mosse evocano
l’Onorevole Scolaro di John Le Carré –l’avrà mai letto?-: fonte privilegiata (e
davvero unica?, il dubbio rimane) di Guardian e Washington Post, quotidiani
dioscuri in questa cavalcata nelle razzie dell’Amerika nella privacy del Mondo.
Gli antesignani di Snowden sono nella storia. Ellsberg, oggi
82 anni, era anch’egli un giovanotto, ma con una militanza pacifista già
robusta, quando fece uscire 14 mila pagine di documenti riservati del
Pentagono: in tutta la vita, è stato arrestato una settantina di volte e ora fa
il tifo per i suoi emuli e giudica Barack
Obama peggio di Richard Nixon, almeno nell’accanimento a perseguire le talpe.
Lui, ai suoi tempi, rischiò una condanna a 115 anni, ma, alla fine, venne
prosciolto da ogni accusa e ispirò un film: The Pentagon Papers, con James Spader, Alan Arkin e Paul
Giamatti.
Felt, morto nel 2008 all’età di 95, era, invece, un
funzionario maturo e deluso nelle sue ambizioni quando, all’inizio degli Anni
Settanta, divenne la ‘gola profonda’ –il
soprannome gli fu affibbiato dal titolo di un film porno- dello Watergate,
che portò alle dimissioni del presidente Nixon. Fu Felt a rivelare nel 2005 di
essere stato la fonte di Bob Woodward e Carl Bernstein del Washington Post,
dopo che i giornalisti e il quotidiano l’avevano coperto per oltre tre decenni:
aveva bisogno di soldi, voleva scrivere un libro –il film l’avevano già fatto,
il famosissimo Tutti gli uomini del Presidente, con Robert Redford e Al Pacino-.
Nell’era di internet, i ‘whistleblowers’, quelli che
soffiano nel fischietto per dare l’allarme, ma pure gli ‘informatori’, hanno
cambiato pelle e, naturalmente, strumenti. A portarli di nuovo all’onore degli
Usa fu, nel 2002, il Time, che ne fece le ‘donne dell’anno’, simboli del
coraggio dell’Unione che voleva superare lo shock dell’11 settembre 2001: due
manager, Sherron Watkins della Enron e Cynthia Cooper della Worldcom, che
segnalarono i crack delle loro aziende, e un’agente speciale dell’Fbi, Coleen
Rowley, fotografate come nella locandina
de ‘Gli Intoccabili’.
Oggi, i ‘whistleblowers’ non vanno sulla copertina di Time,
ma in prigione –col rischio di rimanerci a vita- o suicidi. Il Robin Hood della
rete Aaron Swartz, attivista informatico e fondatore di Reddit, 26 anni, s’è
ammazzato a New York a gennaio: accusato di hackeraggio e sospettato d’avere
rubato al Mit milioni di documenti scientifici –reati di
cui s’era sempre proclamato innocente-, rischiava il carcere. Il suo gesto aveva spinto i militanti di
Anonymous a una serie di rappresaglie informatiche.
Quanto a Bradley Manning, il soldato di Wikileaks, che offrì al generale imboscato Julian Assange il materiale per gli scoop su Iraq e Afghanistan, è sotto processo davanti alla Corte Marziale; e rischia l’ergastolo. La fine di Snowden potrebbe essere peggiore, se lo prendono quelli sbagliati.
Quanto a Bradley Manning, il soldato di Wikileaks, che offrì al generale imboscato Julian Assange il materiale per gli scoop su Iraq e Afghanistan, è sotto processo davanti alla Corte Marziale; e rischia l’ergastolo. La fine di Snowden potrebbe essere peggiore, se lo prendono quelli sbagliati.
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