Scritto per EurActiv l'11/06/2013
Ma chi stiamo menando per il
naso?, i francesi, sicuri di averci dalla loro parte?, o i britannici, che,
invece, non ci sentono ostili? L’impressione è che, come spesso ci capita, ci
stiamo barcamenando, cercando di non dispiacere a nessuno invece d’avere la
priorità dell’interesse nazionale. Il problema è il mandato negoziale per la
trattativa sulla zona di libero scambio fra Unione europea e Stati Uniti.
Il Parlamento europeo ha
approvato un proprio testo in plenaria a maggio, ponendo, fra le altre, la
condizione che dal negoziato siano esclusi i servizi culturali e audiovisivi:
un punto cui tengono molto i francesi e cui, invece, non tengono affatto i
britannici, con i campioni del mercantilismo, che, nella circostanza, sono
quelli che per ragioni linguistiche o per tradizione culturale meno temono
l’invasione dei prodotti americani.
Ora, il
Consiglio dei Ministri dell’Ue dovrà mettere a punto il mandato nelle prossime
settimane, prima di avviare la trattativa vera e propria. In linea con il
Parlamento, 15 dei 27, fra cui l’Italia, sembrano favorevoli all'esclusione
dei servizi culturali e audiovisivi dal negoziato, che potrebbe aprirsi a
luglio e che si spera possa concludersi l’anno prossimo.
La
trattativa Usa-Ue potrebbe essere evocato, la prossima settimana, in margine al
vertice del G8 nell’Ulster, sotto presidenza di turno britannica. E i
britannici leggono la posizione italiana in modo più dialettico: non diremmo no
alla trattativa sui servizi culturali e audiovisivi, ma vorremmo che la Commissione europea,
cui spetterà negoziare, gestisca il negoziato su questo punto senza cedimenti
in modo durissimo. I britannici spiegano –non senza fondamento- che escludere
del tutto il settore dalla trattativa avrebbe come conseguenza che gli Stati
Uniti escluderebbero, a loro volta, un settore per loro delicato. E, perdendo i
pezzi, l’accordo perderebbe di significato.
Resta il
fatto che il governo italiano, attento a non dispiacere né a Parigi né a
Londra, dovrà pure tenere conto della lettera appello al premier Enrico Letta
firmata da quattro registi premi Oscar, Roberto Benigni, Bernando Bertolucci,
Giuseppe Tornatore, Gabriele Salvatores, che gli chiedono di "escludere la
cultura e l'audiovisivo dai trattati commerciali tra Unione europea e Stati
Uniti".
La lettera al
premier, che ha visto l'adesione di associazioni, sindacati, attori, ma anche
di Rai, Mediaset e Confindustria, e una petizione ad essa collegata saranno
presentate nei prossimi giorni alla
commissione competente del Parlamento europeo.
Il settore rientra
nella cosiddetta ''eccezione culturale'',
che - si legge ancora nella lettera a Letta - ''vent'anni fa ha consentito la
nascita dell’industria di produzione culturale europea di oggi. Adesso è il
momento di adeguare quella definizione alle tecnologie e ai tempi nuovi''.
A
preoccupare artisti e operatori del settore europei sono i ‘colleghi’
americani: il rischio è culturale, ma è pure economico: ''La previsione di un
rapidissimo processo di concentrazione delle funzioni di produzione e
distribuzione fuori dall’Europa è coerente con quanto già accaduto fino ai
primi anni del Duemila nell’industria statunitense dell’intrattenimento, che
diventerebbe naturale interlocutore privilegiato dei nuovi giganti della
distribuzione, con trasferimento oltre Atlantico anche della funzione
editoriale''.
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