Ma se Linus non esce, sono proprio l’unico –o
uno dei pochissimi- a sentirmi senza coperta? Erano settimane che mi sentivo
inquieto: Linus, ‘la’ rivista dei fumetti italiana fondata nel 1965 - 48 anni
or sono - da Giovanni Gandini, non mi arrivava più. Ultimo numero pervenuto,
Aprile 2013, il 577. Abbonato da 40 anni o più di lì, all’inizio ho pensato a
un ritardo postale, poi mi sono chiesto se non avessi lasciato scadere
l’abbonamento senza rinnovarlo (e senza per altro ricevere solleciti).
M’intrigo, chiamo. E l’interlocutrice
cortesemente mi spiega che Linus ha sospeso le pubblicazioni. Ma come?, Linus
se ne va così dopo mezzo secolo e la notizia passa (quasi) inosservata?, non ne
so nulla neppure io che mi picco d’esserne uno dei lettori più affezionati
oltre che d’essere uno sempre informato?
Di questi tempi, se muore un giornale, o una
rivista, per di più ‘di nicchia’, non fa certo notizia: pare di stare nella
Milano della peste del Manzoni, tante testate se ne vanno. Su internet, scopro che il 28 maggio la Baldini Castoldi
Dalai Editore ha comunicato la sospensione delle pubblicazioni, dovuta a una
serie di problemi; e che il 10 giugno ha
annunciato il ritorno in edicola il 5 luglio. Solo pochi giorni ormai.
Qualche
testata online ha seguito la piccola odissea editoriale. Ma mi pare incredibile
che Linus si taccia, sia pure solo temporaneamente, senza fare (molto più)
rumore: non è stata questa rivista palestra d’idee di una generazione di
Sessantottini spesso divenuti giornalisti?, non eravamo in tanti ad averne
bisogno proprio come Linus della sua coperta per sentirci, o illuderci ci
essere, ancora giovani e capaci di rinnovamento, almeno nelle idee, leggendola
tutta di striscia in striscia e saltando – confesso - a piè pari pezzi pur
validissimi di firme spesso eccellenti, ma fuori dal contesto del fumetto.
Ché Linus sono i fumetti, a partire dai
Peanuts e dalla loro icona ‘intellettuale’, Linus Van Pelt. Oreste Del Buono,
direttore fino al 1981, poi Fulvia Serra, da ultimo Stefania Rumor hanno costantemente
saputo scegliere strisce statunitensi ed europee, e italiane, capaci di interpretare ed aggiornare, quasi
sempre in un’ottica ‘liberal’, o ‘di sinistra’, lo spirito del tempo: così dal
Vietnam alla guerra al terrorismo, da Beetle Bailey a Doonesbury; oppure,
dall’impiegato non modello Bristow al programmatore non troppo informatico
Dilbert: o ancora dall’infanzia adulta dei Peanuts a quella di Calvin &
Hobbes a quella di Cul de Sac. E non sto qui a farvi un taglia e incolla
classico da Wikipedia.
Evidentemente, non eravamo in tanti, ché, se no, tanti problemi la rivista non li avrebbe avuti. Ma, adesso che so che Linus sta per tornare, mi sento già un po’ meglio: la mia ‘coperta’ sarà presto dov’è sempre stata, sul mio comodino.
Evidentemente, non eravamo in tanti, ché, se no, tanti problemi la rivista non li avrebbe avuti. Ma, adesso che so che Linus sta per tornare, mi sento già un po’ meglio: la mia ‘coperta’ sarà presto dov’è sempre stata, sul mio comodino.
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