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venerdì 14 giugno 2013

Germania: 100 giorni al voto: Merkel III, l'Europa in sala d'attesa

Scritto per EurActiv il 14/06/2013

Cento giorni alle elezioni politiche tedesche, il 22 settembre. Ma solo i primi 20 saranno davvero duri, per i leader dell’Ue, che dovranno fare mandare giù all'opinione pubblica la loro inazione contro la crisi, tante parole e pochi fatti –e meno soldi-  per la crescita e l’occupazione. Dopo, la strada spiana, perché a luglio, e a maggior ragione ad agosto, nessuno s’aspetta che l’Unione, che già di solito batte in testa, giri a mille. Poi, quando l’estate finirà, a settembre, saremo ormai nella fase finale della campagna elettorale e nessuno avrà nulla da ridire: ovvio stare fermi, “Mica vuoi creare allarme in Germania adesso?”.

Così, in questi giorni, è tutto un ‘fare ammuina’: la stagione dei Vertici che sta per aprirsi consente ai leader di dare l’impressione di agire senza fare (quasi) nulla. E la cancelliera Angela Merkel, candidata a succedere a se stessa per un terzo mandato, ricambia la comprensione dei partner lasciando in qualche modo sperare che ‘dopo’ qualcosa cambierà.

Per intanto, scende in campo a difesa della Bce e in polemica con la Bundesbank, in concomitanza con il procedimento della Corte costituzionale di Karlsruhe sulla legittimità dello scudo antispread. La sentenza, sia chiaro, non ci sarà prima dell’autunno, cioè non prima del voto. ”Noi crediamo – dice la Merkel - che la Bce assicuri la stabilità dei prezzi nell'eurozona” e difende la legittimità degli strumenti di salvataggio dell’euro, ricordando, soprattutto, che ”anche la Germania avverte gli effetti della crisi: se in Europa le cose non vanno bene, neanche in Germania possono andare bene”.

Ma dopo le elezioni tedesche, cambierà davvero qualcosa? Certo, molto dipende dall'esito del voto. Gli interlocutori della Merkel sembrano, al momento, scommettere, o credere, in una sua conferma. E puntano, o sperano, in un cambio di coalizione a Berlino: infatti, se i socialdemocratici dovessero sostituire i liberali nell'alleanza con Cdu/Csu, il vino del rigore dei conservatori verrebbe allungato dall'acqua della crescita dei progressisti. E Francia, Italia, Spagna troverebbero, nella loro questua per una maggiore flessibilità europea, sponde interne alla coalizione tedesca.

Magari, è ancora presto per fare calcoli. Ma tutti i leader dell’Ue paiono preoccupati di non irritare, oggi, la Merkel, a rischio di inimicarsela per i prossimi quattro anni. Tutti, tranne Silvio Berlusconi, che invita il premier italiano Enrico Letta a fare a braccio di ferro con la cancelliera. Ma Silvio, con Angela, non ha nulla da perdere: peggio di così, le cose, fra loro due, non potrebbero andare.

Comunque sarà, fatto sta che, ogni volta che si parla ora di piani per l’occupazione, e si aggiunge “specie quella dei giovani”, salta fuori ben strombazzato un vertice, proprio o improprio che sia: c’era in origine il Consiglio europeo di fine giugno, il 27 e 28 a Bruxelles, che è davvero un Vertice, almeno ai sensi dell’eurocratese;  poi, s’è aggiunto il vertice di Berlino del 3 luglio, che non lo è, ma è solo un confronto fra i ministri del lavoro dei 27 sulle migliori pratiche per il lavoro giovanile; e, ultimo in ordine d’iniziativa, ma primo sul calendario, ecco il vertice dei 4 Grandi Ue, il 14 giugno a Roma, che non è manco questo un vero vertice, bensì un incontro dei ministri delle finanze e del lavoro di Italia, Germania, Francia, Spagna (che, poi, a volere essere pignoli, non sono neppure i 4 Grandi Ue, perché c’è pur sempre la Gran Bretagna, fin quando non leva il disturbo).

Ad infittire l’agenda dei Vertici c’è poi il G8 nell’Ulster, sotto presidenza di turno britannica, il 17 e 18 giugno, il cui ordine del giorno è all’insegna di “crescita e prosperità” con la trovata mediatica delle “3 T”, “taxes, transparency, trade”. Il G8 conferirà poi gran parte delle sue conclusioni al G20, che è in programma il 5 e 6 settembre a San Pietroburgo, sotto presidenza di turno russa.

Ora, nessuno vuole meritarsi la medaglia del pedante, solo perché i Vertici, nell’Ue, sono le riunioni dei capi di Stato e/o di governo. Ma nessuno vuole neppure farsi prendere in giro: indire le riunioni, e chiamarle pure tutte vertici, va benissimo, se si producono risultati; ma se ci si limita a chiacchiere, allora potremmo pure risparmiarci gli incontri e l’inchiostro. ...

... L’attivismo diplomatico non va però scambiato, né gabellato, per concretezza di risultati, che ancora non c’è. Il New York Times titolava giorni fa sulla “guerra debole” dell’Ue alla disoccupazione e scriveva: “Gli schemi presentati in Italia e Spagna per combattere il problema somigliano tristemente al ‘programma di crescita’ di Hollande, che non è mai stato davvero di crescita”.  E il Financial Times denunciava, in un editoriale, “la letargia” del governo Letta. ...

... Il ministro del lavoro Enrico Giovannini vede “un cambiamento culturale” nell'approccio alla lotta contro la disoccupazione: “Se pensiamo che il mercato del lavoro segua sempre e soltanto il ciclo economico, dovremmo aspettarci prima una ripresa economica e poi un effetto sull'occupazione. Il fatto che si riconosca che la disoccupazione condiziona le scelte di famiglie, e quindi la ripresa economica, significa che bisogna far sì che anche nella fase iniziale della ripresa, nella seconda metà dell’anno, ci sia un’alta intensità di occupazione, cioè che la stessa riduzione della disoccupazione giovanile stimoli la crescita”.
Intellettualmente, è stimolante. Praticamente, significa aspettare, se va bene, perché accada qualcosa di concreto, “la seconda metà dell’anno”, che vuol dire da settembre in poi. Il che ci riconduce –sarà un caso- ad attendere per iniziative europee significative ed incisive le elezioni politiche tedesche del 22 settembre. E allora diciamolo: non c’è mica da vergognarsene, se non si può fare altrimenti.

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