Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/11/2010
Ti tradisce l’uomo, maledetta l’intelligence!; e ti tradisce la macchina, maldetta la tecnologia! In Afghanistan, un impostore si fa passare per un mullah di rango, incontra il presidente Hamid Karzai, partecipa ai negoziati con la Nato, intasca un sacco di soldi e, smascherato, sparisce. In Iran, un ‘baco’ dei computer, Stuxnet, potrebbe essere la causa del blocco del programma di arricchimento dell’uranio, constatato dagli ispettori dell’Aiea, l’Agenzia internazionale dell’energia atomica.
Due episodi che mostrano quanto fragili siano i meccanismi della sicurezza, anche là dove i sensori della minaccia sono tutti attivati. La vicenda iraniana è un giallo: gli agenti dell’Aiea sono stati all’impianto di Natanz, nel centro del Paese, solo per una o due ore e non hanno quindi potuto accertare quanto sia durato il blocco, se ore, giorni o più, nè hanno ottenuto informazioni in merito.
Il blocco non è senza precedenti –ce ne sarebbero stati altri due o tre, da quando l’impianto di Natanz è sotto controllo- e potrebbe essere dovuto a motivi tecnici. Ma potrebbe essere stato causato da Stuxnet, un virus dei computer creato proprio per dennaggiare il programma nucleare iraniano, mettendo fuori controllo le centrifughe indispensabili all’arricchimento dell’uranio. Nessuno ha mai rivendicato la ‘paternità’ di Stuxnet, ma alcuni analisti pensano che esca da Israele, magari dal Mossad.
Il vice-presidente iraniano Ali Akbar Salehi nega che Stuxnet abbia fatto danni, ma accusa l’Occidente di un fallito sabotaggio. Da mesi, del resto, le fonti di Teheran riconoscono che il virus s’è diffuso nel Paese e ha colpito computer del personale dell’impianto di Bushehr, la prima struttura nucleare iraniana.
Causato dal virus o da altro, il blocco conferma le difficoltà che i piani atomici iraniani stanno incontrando, dopo un rapido avvio. E la vicenda potrebbe essere evocata alla ripresa dei negoziati dell’Iran con i 5 + 1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania), a Ginevra il 5 dicembre.
Non c’è giallo, invece, ma solo inganno nella storia del Mullah Akhtar Muhammad Mansour, un comandante talebano, la cui partecipazione ai negoziati fra gli insorti ed il governo afghano, con l’incoraggiamento degli Usa e della Nato, aveva suscitato molte speranze. Peccato che il Mullah non fosse un mullah e neppure un talebano, ma solo un impostore : « E gli abbiamo pure dato un sacco di soldi », ammttono diplomatici occidentali. Con il falso Mullah, che arrivava dal Pakistan, dove molti leader talebani si sono rifugiati, ci sono stati tre incontri ‘super-riservati’ : una volta, la Nato lo porto’ persino a Kabul con un proprio aereo. A smascherarlo non é stata l’intelligence, ma uno che conosceva il vero Mullah Mansour e che, dopo l’ultimo meeting a Kandahar, confido’ « Quello non gli assomiglia ». L’impostore s’é dato e non s’è più fatto vedere.
Una prova in più di quanto sia difficile muoversi in Afghanistan, dove, ieri, sono stati diffuse i risultati delle elezioni politiche del 18 settembre, con la proclamazione di 238 dei 249 deputati della Wolesi Jirga, che potrebbe riunirsi la prossima settimana. La soddisfazione internazionale è temperata dalle polemiche interne, con l’esclusione di 24 candidati già dichiarati vincitori.
E mentre i militari stranieri caduti in Afghanistan nel 2010 salgono a 659, il ministro della difesa La Russa, che volantina dall’elicottero e si paragona a D’Annunzio, visita il contingente italiano, assicura che esso resterà all’Ovest (ma la Nato la pensa diversamente), conferma l’invio di più addestratori e rivela che ci sono stati 14 attacchi in un mese contro il soldati italiani. Ma stiamo tranquilli: adesso arriva l’inverno e i talebani vanno in letargo.
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