Scritto per Il Fatto Quotidiano del 27/11/2010
In attesa che la grandinata di documenti annunciata da Wikileaks cominci a scrosciare loro addosso, le diplomazie di tutto il Mondo hanno aperto gli ombrelli e li tengono ben saldi e larghi sulla testa: il nuovo colpo di Julian Assange, il creatore di Wikileaks, uno che non è in odore di santità, ma che sa fare tremare i Santi nel Paradiso del Potere, tengono in fibrillazione leader e governi.
Il sito, che ha talpe nei gangli dell’Amministrazione statunitense, militare –i colpi su Afghanistan e Iraq- e diplomatica, s’appresta a pubblicare 2,7 milioni e forse più di documenti segreti che “cambieranno la storia mondiale”. Un’affermazione forse roboante: la diplomazia internazionale si mostra, finora, distaccata nel commentare e concorde nel minimizzare: tutti hanno nei cassetti, o dentro i files dei computer, documenti che, se tirati fuori e spiattellati in pubblico, provocherebbero imbarazzo e creerebbero frizioni con amici e alleati, non solo con rivali o nemici.
I documenti di Wìkileaks, che si ignora ancora quanti Paesi riguardino e che arco di tempo coprano, conterrebbero corrispondenza diplomatica tra il dipartimento di Stato e le ambasciate all’estero: valutazioni e informazioni rimaste segrete o, quando pure siano state rese pubbliche, ‘ammorbidite’ così da non risultare contundenti.
Come ha già fatto in passato, il sito ha anticipato ad alcuni media le informazioni disponibili: NYT, Guardian e Der Spiegel, El Pais e Le Monde stanno studiando l’enorme massa cercando di tirarne fuori il meglio. Quando comincerà, la grandinata durerà parecchi giorni.Sembra che i documenti possano risultare “imbarazzanti”, oltre che per gli Stati Uniti, anche per Russia e Israele e, inoltre, per Gran Bretagna, Danimarca, Norvegia, Turchia, Canada ed altri Paesi Nato, oltre che l’Australia. E ci sarebbero accuse di corruzione a politici e governati afghani e pachistani delle ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale.
Il segretario di Stato americano Hillary Clinton guida ’azione di limitazione del danno: lei stessa ha chiamato alcuni suoi colleghi e le ambasciate dei Paesi interessati hanno ricevuto precise istruzioni di “preparare il terreno”. Il Dipartimento di Stato s’è mosso dopo che il New York Times ha messo sull’avviso la casa Bianca, sollecitandone commenti e reazioni. “Prepariamoci al peggio”, è stato detto a deputati e senatori del Congresso americano.
In Russia, il Kommersant afferma che cablogrammi dell'ambasciata Usa a Mosca, che andrebbero dal 2000 al 2010, conterrebbero valutazioni sulla situazione politica russa e "apprezzamenti poco lusinghieri" su leader russi. Serghiei Lavrov, ministro degli Esteri russo, rispetta con ironia la linea della sdrammatizzazione. Lui non ha avuto comunicazioni ufficiali sulle imminenti rivelazioni, anche se l’ambasciata statunitense ha già fatto filtrare ufficiosamente i contenuto dei file ‘rubati’; e commenta sardonico: ''Se da loro (negli Usa) i documenti segreti vengono sottratti, da noi invece queste cose non succedono”, come dire che la scuola Kgb batte la scuola Cia. Preoccupato? Assolutamente no; anzi, “mi stupisce che il lavoro fatto di ladruncoli su internet susciti tanto interesse”.
In Israele, dove l’ironia è meno di casa, il premier Benjamin Netanyahu è stato avvertito che i files potrebbero risultare fastidiosi per i rapporti bilaterali. Secondo Haaretz, nei messaggi ci sono commenti di diplomatici non sempre allineati alla posizione ufficiale dell'Amministrazione Obama.
L'ambasciatore Usa a Baghdad James Jeffrey giudica la fuga di documenti “un ostacolo tremendo”. Anche ad Ankara c’è fibrillazione: le rivelazioni riguarderebbero aiuti turchi ai militanti di Al Qaida in Iraq, ma anche il sostegno degli Usa ai separatisti curdi.
sabato 27 novembre 2010
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