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mercoledì 24 novembre 2010

COREA: bagliori di guerra per un attacco senza movente

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 24/11/2010

Bagliori di guerra nella penisola coreana: ancora una volta, l’ennesima, difficilmente l’ultima, Pyongyang accende lampi di tensione apparentemente senza una ragione nè interna nè internazionale. Alle 14.34 –era l’alba, in Europa-, i militari nord-coreani, d’improvviso, senza preavviso, tirano decine di obici su un’isola della Corea del Sud, uccidono due soldati, feriscono una ventina di persona, innescano i tiri di risposta delle forze di Seul e provocano una ridda di reazioni internazionali tutte negative.

Il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov è il più drammatico: i rischi di conflitto –dice- sono «colossali». Il premier giapponese Naoto Kan invita la gente a prepararsi «a ogni eventualità». L’Onu, la Nato, l’Ue, gli Usa tutti «condannano con fermezza» l’aggressione nord-coreana e non prestano nessun credito alla versione di Pyongyang, «abbiamo solo risposto a fuoco ostile». Il presidente sud-coreano Lee Myung-Bak fa mostra di prudenza: le forze armate sono poste in massima allerta, il governo tiene una riunione d’emergenza, ma l’ordine è di gestire la crisi «evitando una escalation».

L’incidente è fra i più gravi mai verificatisi fra i due Paesi dopo la Guerra di Corea (1950/’53), che segno’ la divisione in due della penisola, il Nord comunista (lo è tuttora, con una pervicacia unica al mondo, superiore a quella di Cuba, e un solo vero partner, la Cina) e il Sud capitalista e ‘globalizzato’, tuttora protetto, lungo la linea di demarcazione del 39o parallelo, dalla presenza di 28.500 soldati americani.

Negli ultimi giorni, l’attenzione della comunità internazionale verso la Nord Corea era stata acuita dalla rivelazione di un programma d’arricchimento dell’uranio condotto da Pyongyang, che, contro tutti e contro tutto, s’è già dotata di rudimentali ordigni atomici e di approssimativi sistemi missilistici. Poche ore prima dell’aggressione, c’era nella capitale nordcoreana, per discuterne, un emissario statunitense.

Secondo i dati finora disponibili, una cinquantina di proiettili di mortaio sono caduti sull’isola di Yeonpyeong, nel Mar Giallo, in un’area contesa tra le due Coree e teatro d’incidenti anche in passato (scaramucce navali ci sono state nel 1999, nel 2002 e, da ultimo, l’anno scorso). Recentemente, il Nord aveva a più riprese protestato per le manovre militari del Sud nella zona. Yeonpyeong è a sud della linea di demarcazione tracciata dall’Onu, ma è a nord della linea di divisione rivendicata da Pyongyang. L’isola, sede di un distaccamento militare sud-coreano, ha circa 1.500 abitanti, che sono stati precauzionalmente invitati a lasciare le loro case. Il bilancio delle vittime cita, fra i 18 feriti, cinque militari gravi e cinque civili. Una decina gli edifici distrutti.

Si ignora se la risposta sudcoreana –80 i colpi d’artiglieria sparati- abbia avuto conseguenze. Il comando supremo nordcoreano ha pero’ minacciato «attacchi senza pietà, senza esitazione, se il nemico osasse invadere le acque territoriali noirdcoreane non fosse che per 0,01 millimetri».

L’incertezza sulle cause della provocazione è massima. L’inquietudine dell’Occidente per le capacità nucleari nordcoreane, accresciuta dalle recenti rivelazioni, coinvolge la Cina, che esprime «preoccupazione» e giudica «imperativo» il rilancio dei negoziati con Pyongyang, condotti a lungo con una formula a sei (le due Coree, Usa, Giappone, Russia e Cina, con Pechino nel ruolo di ospite e regista).

Ma l’episodio di ieri coincide con una fase di transizione interna al regime: il dittatore Kim Jong-Il sta lasciando il potere, ereditato dal padre Kim Il-Sung, al proprio figlio minore Kim Jong-Un. Il passaggio di consegne ‘familiare’ puo’ forse innescare tensioni e incontrare resistenze in un sistema blindato e difficilissimo da penetrare. Solo ipotesi, dunaue, sulle ragioni della provocazione : internazionali –farsi ricordare da Pechino, Mosca, Washington-, bilaterali –mandare un monito a Seul, che ha recentemente abbandonato il processo di riavvicinamento tra le due Corre-, oppure interne (coprire, sotto il telone d’una minaccia internazionale, guerre di successione, beghe di palazzo o persino malumori popolari, magari legati alle persistenti difficoltà alimentari nel Paese, con conseguenti repressioni).

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