Scritto per Il Fatto Quotidiano del 30/11/2010
Dopo un’incubazione durata quattro giorni, la febbre di Wikileaks contagia tutta la stampa internazionale. E c’era da aspettarselo: i cinque media privilegiati da Julian Assange e dal suo team, New York Times, The Guardian, Le Monde, El Pais, Der Spiegel, dettano la cadenza; e quasi tutti gli altri li seguono. I documenti del Dipartimento di Stato, sottratti ai loro archivi e spiattellati alla pubblica curiosità, aprono quasi tutti i siti del nostro Mondo. Ma c’è chi resiste all’onda di piena: FT e Les Echos, non a caso due giornali economici, scelgono di aprire sul salvataggio dell’Irlanda da parte dell’Ue. Se il tema è comune, la scelta degli spunti, fra le centinaia di migliaia di documenti disponibili, è abbastanza diversificata, anche se, sostanzialmente, tutti i media restano tributari della selezione fatta dai cinque che hanno avuto modo e tempo di spulciare l’enorme massa. In ottica italiana, un minimo comune denominatore sono i giudizi su Berlusconi « portavoce » di Putin in Europa, « vanitoso », « festaiolo » e « poco affidabile ». Il NYT, in un pezzo sull’Iran, scrive che l’Italia prese tempo per bloccare l’export a Teheran di 12 navi veloci (capaci di attaccare unità da guerra americane nel Golfo) e lo fece solo dopo averne spedite 11. E il Guardian cita un incontro di Frattini con il capo del Pentagono Gates, sui rischi di proliferazione nucleare in MO e l’ipotesi di guerra lanciata da un attacco israeliano. E Parismatch e molti altri siti sono colpiti dalla frase di Frattini sull’11 Settembre della diplomazia internazionale.
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