Gli attacchi della democrazia non sbrecciano l’ultimo
‘avamposto della dittatura’ in Europa, come Condoleeza Rice definì la
Bielorussia di Lukashenko quando l’Amministrazione Bush voleva ampliare il
concetto di ‘asse del male’. Boicottate dall’opposizione, domenica le elezioni
legislative hanno visto 109 dei 110 seggi assegnati al primo turno: tutti, ma
proprio tutti, a candidati del potere. Già nel Parlamento uscente non sedeva
nessun oppositore: i plebisciti, qui, sono la norma..
I movimenti anti-Lukashenko contestano, però, il dato
chiave, cioè quello della partecipazione: oltre il 74%, secondo la Commissione
elettorale; meno del 50%, addirittura appena un un terzo, secondo gli
oppositori, le cui cinque maggiori organizzazioni avevano invitato i cittadini
a disertare i seggi e ad andare per funghi. Se hanno ragione loro, il voto non
è valido.
L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in
Europa, l’Osce, che aveva suoi osservatori in campo, ha apertamente criticato
il processo elettorale e ha messo in dubbio i risultati ufficiali: lo scrutinio
non è stato libero e lo spoglio non è stato imparziale. Matteo Mecacci,
coordinatore dell’Osce in loco, dichiara: “Libere elezioni implicano che le
persone siano libere d’esprimersi, d’organizzarsi e di candidarsi. Non abbiamo
visto nulla del genere durante la campagna”. E, peggio, al momento della conta
dei voti il meccanismo “s’è sensibilmente deteriorato”.
Una ventina di giovani che volevano seguire lo scrutinio
sono stati fermati, secondo un gruppo per la difesa dei diritti dell’uomo. E
osservatori internazionali sono stati allontanati dai seggi. C’è chi sostiene
che queste sono state le peggiori elezioni nella storia recente della
Bielorussia: pressioni, brogli, intimidazioni.
Aleksander Lukashenko è al potere da 17 anni filati e lo
resterà almeno fino al 2015. Le proteste non sono state così intense come
quelle che, nel 2010, avevano segnato la sua rielezione per un quarto mandato.
Ci furono manifestazioni, centinaia di arresti: alcuni dei contestatori allora imprigionati sono tuttora in carcere,
nonostante gli appelli della comunità internazionale.
La denuncia dell’Osce è stata avallata dagli Usa. L’Ue legge
nell’andamento del voto la conferma che Lukashenko, invece di puntare al
partenariato con l’Europa propostogli, “mira a una politica di repressione”
–parole del portavoce della Merkel Steffen Seiber-. Il dittatore di Minsk non ha certo molti amici: Berlusconi, che
brindava con lui alle sue vittorie, non c’è più; e persino Putin evita
d’essergli troppo vicino.
Nessun commento:
Posta un commento