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martedì 25 settembre 2012

Bielorussia: il voto col trucco non sbreccia l'avamposto della dittatura

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/09/2012

Gli attacchi della democrazia non sbrecciano l’ultimo ‘avamposto della dittatura’ in Europa, come Condoleeza Rice definì la Bielorussia di Lukashenko quando l’Amministrazione Bush voleva ampliare il concetto di ‘asse del male’. Boicottate dall’opposizione, domenica le elezioni legislative hanno visto 109 dei 110 seggi assegnati al primo turno: tutti, ma proprio tutti, a candidati del potere. Già nel Parlamento uscente non sedeva nessun oppositore: i plebisciti, qui, sono la norma..

I movimenti anti-Lukashenko contestano, però, il dato chiave, cioè quello della partecipazione: oltre il 74%, secondo la Commissione elettorale; meno del 50%, addirittura appena un un terzo, secondo gli oppositori, le cui cinque maggiori organizzazioni avevano invitato i cittadini a disertare i seggi e ad andare per funghi. Se hanno ragione loro, il voto non è valido.

L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, l’Osce, che aveva suoi osservatori in campo, ha apertamente criticato il processo elettorale e ha messo in dubbio i risultati ufficiali: lo scrutinio non è stato libero e lo spoglio non è stato imparziale. Matteo Mecacci, coordinatore dell’Osce in loco, dichiara: “Libere elezioni implicano che le persone siano libere d’esprimersi, d’organizzarsi e di candidarsi. Non abbiamo visto nulla del genere durante la campagna”. E, peggio, al momento della conta dei voti il meccanismo “s’è sensibilmente deteriorato”.

Una ventina di giovani che volevano seguire lo scrutinio sono stati fermati, secondo un gruppo per la difesa dei diritti dell’uomo. E osservatori internazionali sono stati allontanati dai seggi. C’è chi sostiene che queste sono state le peggiori elezioni nella storia recente della Bielorussia: pressioni, brogli, intimidazioni.

Aleksander Lukashenko è al potere da 17 anni filati e lo resterà almeno fino al 2015. Le proteste non sono state così intense come quelle che, nel 2010, avevano segnato la sua rielezione per un quarto mandato. Ci furono manifestazioni, centinaia di arresti: alcuni dei contestatori allora imprigionati sono tuttora in carcere, nonostante gli appelli della comunità internazionale.

La denuncia dell’Osce è stata avallata dagli Usa. L’Ue legge nell’andamento del voto la conferma che Lukashenko, invece di puntare al partenariato con l’Europa propostogli, “mira a una politica di repressione” –parole del portavoce della Merkel Steffen Seiber-. Il dittatore di Minsk non ha certo molti amici: Berlusconi, che brindava con lui alle sue vittorie, non c’è più; e persino Putin evita d’essergli troppo vicino.

La Commissione elettorale accusa gli osservatori internazionali di “pregiudizio negativo”. Il leader del Partito civile unico Anatoli Lebedko, escluso dalle liste a una settimana dal voto, parla, invece, di pseudo-elezioni e spiega la scarsa mobilitazione con il fatto che “la gente si muove solo per le presidenziali, quando è in gioco il potere”. Il Parlamento conta poco: è solo una cassa di risonanza del regime. Ma Lukashenko bolla gli oppositori come “vigliacchi” e dice che il mondo dovrebbe invidiare alla Bielorussia le sue “elezioni silenziose”.

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