Da quando Monti ha detto di vedere la
luce della ripresa in fondo al tunnel della crisi, l’Europa s’è riempita di
piccole vedette lombarde intente a scrutare il tremolio d’un raggio laggiù
all’orizzonte; ma pure di profeti di sventura, secondo cui la luce c’è, ma è
quella del treno della ricaduta che ci
avanza contro. Dati macro-economici negativi, borse deboli, con i suoi
tentennamenti l’Unione ha di nuovo deluso e innervosito i mercati: dopo la
decisione della Bce di acquistare titoli senza limiti per ridurre lo spread dei
Paesi che fanno i compiti (del rigore) a casa, leggi Italia e –meno- Spagna, e
dopo il ‘mercoledì da leoni’ il peggio pareva passato. Quel 12 settembre, la
Corte suprema tedesca aveva dato via libera al fondo salva Stati permanente, l’Esm,
e al Patto di Bilancio: avanti tutta, dunque. E, invece, l’Unione non è più
tornata a fare surf sull’onda della crisi e s’è accontentata, quasi paga, di
baloccarsi a riva sul materassino.
Anzi, quel che pareva acquisito è
stato rimesso in discussione. E il buco della Grecia s’è allargato, da 14 a quasi 20 miliardi di
euro. E il ricorso della Spagna agli aiuti dell’Ue per le banche è rimasto in
forse. E i mercati hanno ripreso a non crederci, con gli spread di nuovo su
–ieri, a quota 375 l’italiano, ben oltre 400 lo spagnolo-, dopo avere dato
l’illusione d’una discesa ormai irreversibile. E Monti
dice, dalla tribuna dell’Assemblea generale dell’Onu, che questa è la crisi più
grave che l’Unione abbia mai attraversato e che per uscirne serve una maggiore integrazione,
mentre le fughe nel populismo e nell’euro-scetticismo sono controproducenti. E il Professore schiera l’Italia in prima
linea sul doppio fronte del rigore dei conti e delle politiche di crescita,
anche come contributo perché l’Europa sia “vitale”.
Ma il
percorso che pareva ormai intrapreso verso l’Unione bancaria si scopre
dissestato, tortuoso e pieno di buche. E la macchina Europa ci arranca su, come
se qualcuno avesse tirato il freno a mano. La creazione di un sistema di
vigilanza degli istituti di credito europei sotto la guida unica della Bce e la
possibilità di fornire aiuti alle banche attraverso l’Esm continuano a
incontrare resistenze; non solo in Germania. Secondo il ministro delle finanze
tedesco Schaeuble e i suoi colleghi di Olanda e Finlandia –cioè i Paesi della
tripla A-, l’Esm non può coprire i debiti che le banche europee hanno contratto
prima che il Fondo nascesse. Il che potrebbe significare, secondo alcune interpretazioni, che la Spagna, cui sono stati
promessi 100 miliardi di euro, ma che non ne ha ancora sollecitato neppure una
fetta, non potrebbe più avere alcun aiuto, perché i buchi sono pregressi. Una lettura che incontra resistenze in
Spagna, irlanda, Grecia, i Paesi dalle banche più indebitate.
Come se non bastasse, i servizi di ricerca del Bundestag esprimono riserve sul
fatto che il controllo sulle banche tedesche possa essere conferito alla Bce senza un processo legislativo
federale.
L’intreccio di incontri dei giorni scorsi non ha sciolto i
nodi, anzi li ha intricati. E’ possibile che si tratti di manovre in vista
delle decisioni sulla Grecia e sull’Unione bancaria, che dovrebbero avere uno
snodo nel Consiglio europeo di metà ottobre. Il presidente del Vertice, Van
Rompuy, invita i leader “a non perdere il senso dell’urgenza”, la cancelliera
Merkel e il presidente Hollande dicono di lavorare per una nuova governance
europea; la troika delle istituzioni finanziarie internazionali (Ue, Bce e Fmi)
sta per tornare ad Atene. I giorni passano e c’è chi vede la luce in fondo al tunnel
farsi più intensa: è l’uscita che s’avvicina?, o è il treno?
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