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venerdì 7 settembre 2012

Crisi: Bce, nel coro pro Draghi le note false tedesche

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 07/09/2012

L’Unione europea apprezza il piano anti-spread della Banca centrale di Mario Draghi: da Bruxelles e dalle capitali è quasi un coro senza note false, “contribuirà a restituire la fiducia agli investitori” e tarperà le ali agli speculatori. Mentre le borse brindano –Milano più di tutte- con risultati ovunque positivi e spread in calo, le istituzioni finanziarie internazionali, l’Fmi e la Banca mondiale, offrono alla Bce la loro collaborazione. E le notizie da Francoforte fanno persino salire d’una frazione l’entusiasmo d’ordinanza che regna a Charlotte, nella North Carolina, da dove Barack Obama, rassicurato dall’Europa,  si lancia alla riconquista della Casa Bianca.

Quasi un corso senza note false. Perché in Germania non tutti prendono bene quella che appare, ed è, una sfida della Bce alla Bundesbank, che –sola, senza neppure il sostegno delle banche centrali olandese e finlandese- vota contro il ‘piano Draghi’. Nella bufera, ci sono, per motivi diversi, Angela Merkel, la cancelliera, e Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank.

Weidmann esce allo scoperto, con un comunicato forse un po’ esasperato nei toni dal pizzico d’ironia che Draghi gli riserva in conferenza stampa: si dichiara “contrario al piano di acquisti illimitato di titoli di Stato da parte della Bce", perché “è in pratica un finanziamento agli Stati fatto stampando banconote” e perché "potrebbe fare slittare le riforme" nei Paesi a rischio. In tal modo, prosegue la nota, la politica monetaria "rischia d’essere assoggettata a politiche di bilancio”, mentre “non si deve consentire al piano di acquisti di compromettere la capacità della politica monetaria di salvaguardare la stabilità dei prezzi nell'eurozona". Ecco l’incubo dell’inflazione, che è una costante per la Bundesbank.

In visita a Madrid, la Merkel, invece, traccheggia: con un esercizio di ‘stop and go’, il suo governo aveva già preso le distanze dal fondamentalismo monetario della Bundesbank e di Weidmann e aveva ribadito l’indipendenza della Bce, invitandola a restare “all’interno del proprio mandato” – cosa che è avvenuta, a giudizio di Draghi e dei saggi dell’Ue- (e incassando, strada facendo, l’abbandono del progetto di licenza bancaria al fondo salva Stati). Ma il ministro dell’economia Schaeuble non aveva mai digerito il piano d’acquisti “illimitato” di titoli.

Dopo avere visto il premier spagnolo Rajoy, la Merkel ripropone il binario rigore e fiducia: “dobbiamo –dice- ripristinare la fiducia nell’euro e dissipare i dubbi dei mercati” e, per questo, bisogna che i Paesi in difficoltà completino il loro percorso di risanamento e di riforme. E dice che le iniziative della Bce non possono sostituire la politica, nè tutte le altre misure che contribuiscono alla stabilità monetaria.

Ma mica le basta per mettersi al riparo dalle critiche a casa sua: per il leader socialdemocratico  Steinmeier, che potrebbe essere il suo avversario nelle politiche 2013, è la prova del “fallimento” della cancelliera in Europa. E la stampa segnala il rischio che i tedeschi si mettano sulle barricate contro l’Unione, proprio mentre il premier italiano Monti, parlando a una riunione del Ppe a Firenze, rileva l’insofferenza anti-tedesca presente nel Parlamento italiano, e non solo in quello, anche in partiti vicini a Cdu e Csu, e nota quanto poco i leader europei siano consapevoli dei rischi dell’euro.

La Sueddeutsche Zeitung, quotidiano liberal di Monaco, mette in guardia più Draghi della Merkel: “l’euro non si può salvare contro la Germania” –e questo pochi potrebbero non sottoscriverlo-. Invece, la Faz di Francoforte, più conservatrice, denuncia il travalicamento dei confini tra politica monetaria e di bilancio” e quasi invoca un argine dalla Corte costituzionale tedesca, che deve pronunciarsi, il 12 settembre, sulla validità del fondo salva Stati. La Bild, infine, muove un appunto alla cancelliera per avere accettato la mossa Bce.

Per l’Unione, è una giornata gravida di conseguenze, ma pure densa di speranze. Neppure il taglio delle stime di crescita da parte dell’Ocse – l’Italia sarà quest’anno la peggiore dei Sette Grandi, - 2,4% - intacca il fermento dei mercati tangibile dal mattino. Né lo fa l’allarme lavoro che lanciano le Istituzioni comunitarie: 116 milioni di europei, uno su quattro, a rischio povertà sono “un’emergenza sociale” –il presidente della Commissione Barroso- e “un rischio per la stabilità” –il presidente del Consiglio van Rompuy-. Né la Bce, lasciando i tassi invariati allo 0,75%, fa molto per accelerare la ripresa.

Adesso, si tratta di evitare che l’onda d’urto delle decisioni di Francoforte rallenti il cammino dell’Unione verso una maggiore integrazione: c’è l’ostacolo della sentenza di Karlsruhe il 12, che coincide con le delicate elezioni politiche olandesi; poi, l’8 ottobre, ci sarà il rapporto della troika –Ue, Bce, Fmi- sulla Grecia; e il 18 ottobre, il vertice europeo, che dovrebbe dare una spinta all’Unione bancaria e decidere, appunto, sul salvataggio della Grecia.

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