Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/09/2012
Questo mercoledì 12 settembre diventa il crocevia di tutte le paure, e di tutte le speranze, dell’Unione europea: un terremoto potenzialmente devastante. Molti i possibili epicentri: Karlsruhe dove la Corte costituzionale tedesca pronuncia il suo verdetto sull’Esm, il fondo salva Stati permanente –quello dello scudo anti-spread, tanto per intenderci- e sul Patto di Bilancio; Atene, dove la troika delle Istituzioni finanziarie internazionali (Ue,Bce, Fmi) non è contenta dei piani di risanamento della Grecia; l’Aja, dove gli olandesi vanno alle urne per rinnovare il Parlamento; Strasburgo, dove il presidente della Commissione Barroso pronuncia di fronte agli eurodeputati il discorso sullo stato dell’Unione e l’Esecutivo vara le proposte per l’integrazione bancaria. Ma c’è fibrillazione pure a Madrid e a Lisbona, mentre Roma si vuole serena: “L’Italia non ha bisogno di aiuti europei”, ripetono il premier Monti e i suoi ministri.
Questo mercoledì 12 settembre diventa il crocevia di tutte le paure, e di tutte le speranze, dell’Unione europea: un terremoto potenzialmente devastante. Molti i possibili epicentri: Karlsruhe dove la Corte costituzionale tedesca pronuncia il suo verdetto sull’Esm, il fondo salva Stati permanente –quello dello scudo anti-spread, tanto per intenderci- e sul Patto di Bilancio; Atene, dove la troika delle Istituzioni finanziarie internazionali (Ue,Bce, Fmi) non è contenta dei piani di risanamento della Grecia; l’Aja, dove gli olandesi vanno alle urne per rinnovare il Parlamento; Strasburgo, dove il presidente della Commissione Barroso pronuncia di fronte agli eurodeputati il discorso sullo stato dell’Unione e l’Esecutivo vara le proposte per l’integrazione bancaria. Ma c’è fibrillazione pure a Madrid e a Lisbona, mentre Roma si vuole serena: “L’Italia non ha bisogno di aiuti europei”, ripetono il premier Monti e i suoi ministri.
Sui mercati, la speranza prevale sulla paura,
anche perché tutte le previsioni dalla Germania anticipano un sì della Corte
agli strumenti di cui s’è dotata l’Ue per garantire la stabilità dell’euro e la
coesione dell’Eurozona. Così, dopo una falsa partenza, le borse chiudono tutte
in rialzo (Milano +0,84%), mentre lo spread scende a 351 e il tasso sui titoli
decennali cala a 5,05%. Va bene pure Wall Street, nonostante la agenzie di
rating continuino la loro guerra contro l’Amministrazione Obama: Moody’s
minaccia di tagliare la tripla A e sollecita misure per ridurre il debito.
Da quando, giovedì scorso, il 6 settembre,
la Bce s’è mossa, impegnandosi, nonostante l’opposizione della Bundesbank, a
comprare titoli a breve dei Paesi in difficoltà, il clima è più sereno. Ma un
no da Karlsruhe avrebbe effetti davvero imprevedibili, privando l’euro del suo
scudo e rinfocolando i dubbi sull’europeismo tedesco. Specie ora che l’economia
della Germania rallenta, anche se Berlino smentisce rischi di recessione. Ma la
polemica è politica: l’opposizione rimprovera alla cancelliera Merkel di avere
dato via libera alla Bce; il ministro delle finanze Schaeuble invita il
Bundestag a rispettare l’indipendenza della Banca centrale europea.
L’altro bubbone che rischia di esplodere è
la Grecia. Il governo Samaras, che mira ad ottenere una dilazione dei termini
per completare il risanamento, dal 2014 al 2016, rende più drastici i tagli
alla spesa pubblica prevista, da 13,5 a 16 miliardi di euro. Ma la troika non è
convinta della attendibilità dei progetti greci: ne chiede una versione
definitiva entro domani. Il presidente Papulias sbotta: “la Grecia –dice- ha
pagato abbastanza per i suoi errori”; l’Europa deve aiutare i Paesi del Sud a
superare la crisi e non affossarli.
Vale per Atene, ma vale pure per Madrid,
dove il premier finlandese Katainen offre sostegno al capo del governo spagnolo
Rajoy, proprio mentre a Bruxelles girano voci d’un piano di salvataggio globale
per la Spagna (non solo le banche, dunque). E a Lisbona i creditori del
Portogallo chiedono al governo uno sforzo di rimborso maggiore, anche se le
Istitutioni comunitarie gli accordano un anno in più, fino al 2014, per
completare il risanamento.
Che poi, quando i tagli li devono fare
loro, i Paesi del rigore, non è che tutto fili liscio: in Olande, il governo di
centrodestra, che aveva l’appoggio esterno degli xenofobi anti-islam, è caduto
proprio sui tagli. La vigilia del voto vede un testa a testa nei sondaggi fra liberali
e laburisti: nei discorsi dei leader, le critiche a Bruxelles fioccano; ma,
dopo le elezioni, gli analisti prevedono una coalizione fra i due partiti con
un programma pro-europeo.
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