Scritto per Il Fatto Quotidiano del 19/09/2012
Se continua così, ‘gambero’ Romney all’Election Day, il 6 novembre, ci arriva a marcia indietro. E Obama manco si deve preoccupare dell’ondata di violenza anti-americana nel mondo islamico, che abbruna di sangue il suo messaggio di dialogo e incrina la sua immagine di giustiziere dei terroristi. Stavolta Mitt ‘gaffe’ Romney l’ha fatta davvero grossa; anzi, s’è esibito in un ‘uno-due’ micidiale: un gancio alla mascella e un uppercut al mento –i suoi, non quelli dell’avversario-; l’ha salvato solo il gong, che già stava per stramazzare. Nei sondaggi, è già dietro di 5 punti; facile prevedere che scivoli più in giù.
Un video rubato a una cena svoltasi a porte chiuse a Boca Raton in Florida, una raccolta fondi a casa di Marc Leder, ricco finanziere, è stato pubblicato sul sito progressista Mother Jones: un primo e sette secondi che annientano lo spot più riuscito e costoso. Il candidato repubblicano sostiene che il 47% degli americani vota per Obama perché "sono parassiti del governo", "non pagano le tasse” e si sentono vittime perché sono troppo poveri. E dichiara che "il suo lavoro” da presidente non sarà certo “preoccuparsi di questa gente".
Se questo è il suo modo di ‘strizzare l’occhio’ alla classe media e agli elettori moderati, Romney può dire addio alle ambizioni presidenziali. Tanto più che, è recidivo: pochi giorni or sono, infatti, aveva attribuito alla classe media un reddito annuale “tra i 200mila e i 250mila dollari”. Peccato che solo il 3% della popolazione americana guadagna tutti quei soldi. La classe media si situa tra i 30 e i 100 mila dollari.
A Boca Raton, Romney era proprio in forma. Nel video, anima candida, ammette di non avere alcuna intenzione di impegnarsi per la pace in Medio Oriente perché “i palestinesi non hanno interesse alla pace”, che “è impensabile da realizzare". Senza fare distinzione fra Hamas e Anp, Romney aggiunge: "Vedo che i palestinesi sono impegnati per la distruzione e l'eliminazione d’Israele". Così lui ammaina la bandiera della pace ancora prima d’innalzarla: "Uno spera che si stabilisca una certa stabilità, ma riconosce che questo è un problema destinato a rimanere irrisolto ... e così scaglia la palla lontano e spera che, prima o poi, accada qualcosa che risolva tutto". Magari, un bel diluvio: in fondo, è già successo.
Bel programma, per un futuro presidente: tirare a campare e sperare che le cose vadano a posto da sole. La replica della campagna di Romney è debole: ricorda che la piattaforma politica repubblicana sostiene inequivocabilmente l’obiettivo di una pace "con due stati democratici, Israele con Gerusalemme capitale e la Palestina, che vivano in pace e sicurezza". Ma viene il dubbio che Romney non l’abbia letta, o non la ricordi.
E’ vero che le dichiarazioni ora pubbliche risalgono a maggio (chi le aveva, ha forse pensato che, diffuse oggi, sarebbero state più dirompenti). Ed è pure vero che né quel 47% di cittadini che Romney disprezza né i (pochi) filo-palestinesi americani avrebbero mai votato per lui. Ma così c’è il rischio che molti di essi, invece di starsene a casa il 6 novembre, vadano a votare per Obama, solo per evitare il rischio di trovarsi il ricco mormone alla Casa Bianca. E, infatti, la stampa, quasi unanime, gli appiccica l’etichetta di perdente; la Casa Bianca ironizza; su twitter il video impazza; e sul web corre il nuovo slogan: “We are the 47%”, siamo il 47%, molto più realistico e temibile del velleitario 99% di Occupy Wall Street, che ha ieri celebrato, con il suo primo anniversario, il suo funerale.
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