Magari, vi dimenticate che esiste per tutto l’anno, tanto la
sua azione è discreta, leggasi inefficace. Poi, arriva la settimana dello
struscio diplomatico a New York e il Palazzo di Vetro, la sede dell’Onu, una
delle icone della Grande Mela dagli Anni Cinquanta, vibra di sussulti
mediatici. Non dura molto, statene certi: affluiti a frotte da tutto il Mondo,
i leader –quest’anno, 120 capi di Stato o di governo o ministri degli esteri-
se ne vanno; e la grande aula del governo planetario ritrova ritmi e riti
consueti. Gli uni e gli altri inadeguati alla governance globale del XXI
Secolo: lo sanno tutti, anche sacerdoti e vestali delle Nazioni Unite, ma sono
quasi vent’anni che si discute, ad esempio, della riforma dell’anacronistico,
nella sua composizione, Consiglio di Sicurezza ed ancora non quaglia nulla.
L’annuale apertura dell’Assemblea generale è momento di
spolvero diplomatico, non di decisioni. Ma, almeno una volta, bisogna venirci:
farsi vedere ed essere visti. Per il premier Monti, poi, potrebbe non esserci
altra occasione: eccolo, dunque, a New York. Proprio come Barack Obama, star
della giornata d’avvio, per il quale potrebbe invece essere l’ultima volta.
I dibattiti affrontano a tutto campo l’attualità
internazionale, soprattutto gli sviluppi drammatici della Primavera araba, la
situazione in Siria, la presunta minaccia nucleare iraniana. Problemi che l’Onu tratta durante tutto l’anno, ma raramente risolve: la Guerra del Golfo del
’91, qui decisa, resta un momento di gloria; l’invasione dell’Iraq, subita, ma
non avallata, una ferita; in Libia, l’Onu diede un dito, la Nato si prese la
mano; in Siria, manco un dito –ma nessuno vuole la mano-.
Il fatto è che le Nazioni Unite, che oggi contano 193 Stati
membri, sui 202 censiti al Mondo, e osservatori illustri –fra gli altri, la
Santa Sede e l’Autorità nazionale palestinese-, hanno ancora strutture e
logiche dell’epoca in cui nacque (il 1945, l’immediato dopoguerra) e del lungo
inverno della Guerra fredda. L'articolo 7 ne determina l’organizzazione: sei
organi principali; e una serie d’agenzie, fondi, commissioni e programmi
sovente decentrati –Roma ospita Fao, Ifad, Pam-.
L’Assemblea generale è l’organo principale: la formano tutti
gli stati aderenti; uno Stato, un voto, pare quasi il trionfo della democrazia.
Qui si accettano i nuovi membri, si sospendono o si espellono quelli che
meritano sanzioni del genere, si vota il bilancio e si eleggono i membri non
permanenti del Consiglio di Sicurezza.
Che è l’organo esecutivo, vero depositario del potere di
decisione (o, più spesso, di blocco): è
composto da 15 Stati; 5 sono permanenti (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia,
Russia, Cina, i vincitori della Seconda Guerra Mondiale e le cinque potenze
nucleari ‘legittimate’); 10 sono eletti ogni due anni –cinque l’anno-. Fino al
1966, il Consiglio era composto solo dai membri permanenti, che hanno tutti –e
solo loro- diritto di veto: nel 1992, la Russia sostituì l’Urss; nel 1970, la
Cina aveva sostituito Taiwan. Spetta al Consiglio di Sicurezza garantire la sicurezza
internazionale: intervenire per evitare che contrasti fra i paesi degenerino in
conflitti e, in caso di guerra, ristabilire la pace.
C’è
poi il segretario generale, con un vasto apparato burocratico: viene raccomandato
dal Consiglio e nominato dall'Assemblea, resta in carica per cinque anni e può
essere rinnovato. Oggi, il posto è del sudcoreano Ban Ky-moon, al secondo
mandato e in carica fino al 2016. Alcuni
li ricordate, come il predecessore di Ban, Kofi Annan, che si oppose
all’invasione dell’Iraq decisa senza l’avallo dell’Onu; molti restano opachi.
L’eroe è Dag Hammarskjold, svedese, morto in missione nel Congo in guerra nel
1961; l’onta è Kurt Waldheim, austriaco, ex nazista.
Tutto
ciò, specie le missioni di pace degli ormai mitici ‘caschi blu’, costa un botto. Il bilancio dell’Onu 2011 era
di 2.415 milioni di dollari, il 22% pagato dagli Usa. In più, il peacekeeping
costò 4.148 milioni di dollari. L’Italia, 6° contribuente e principale
fornitore occidentale di uomini alle missioni di pace, è tra i Paesi virtuosi,
poche decine in regola coi contributi, Per il biennio 2012/’13, si fa un
esercizio di ‘spending review’: obiettivo ridurre del 6,6% le spese.
L’efficienza, quella, andrebbe aumentata.
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