Scritto per La Presse lo 02/07/2015
La vicenda greca è
una sfilza di errori, di Atene, dell’Ue, dell’Italia: occasioni perdute,
rigidità, considerazioni politiche interne prevalenti sull’interesse comune
europeo. E’ l’analisi di Pier Virgilio Dastoli, oggi presidente del Consiglio
italiano del Movimento europeo (Cime), giù stretto collaboratore di Altiero
Spinelli e poi rappresentante in Italia della Commissione europea.
D - Cominciamo dagli errori della
Grecia…
R – La Grecia di Tsipras ha perso l’opportunità
di presentare fin dall’inizio un programma non generico, ma articolato, con
scadenze e impegni. I piani che hanno presentato hanno tutti dato argomenti a
chi li voleva gettarli a mare, confusi, approssimativi, senza scadenze e
impegni, fino all’ultima lettera del premier… C’è stata una leggerezza considerevole
nella gestione del negoziato… Ma, ancora a monte della trattativa, se Tsipras voleva
essere più forte al tavolo del negoziato, doveva presentarsi con un governo di
coalizione più ampio…
D – E quelli dell’Unione?
R – L’Ue con la Grecia ha cominciato a
sbagliare ben prima dell’arrivo di Tsipras, quando ha imposto al Paese condizioni
troppo draconiane; quando non ha capito che il problema poteva essere risolto,
nel 2010 o nel 2011, con costi molto minori di quelli poi sostenuti, finanziari
e sociali; quando ha praticamente impedito di andare al referendum al governo
Papandreu; quando non ha investito nell’economia greca aiuti europei che le
consentissero di risollevarsi, utilizzando strumenti che i Trattato consentono…
Questo a monte. Dopo l’elezione di
Tsipras, l’Unione doveva dare credito ai segnali che venivano da Atene di lotta
alla corruzione e all’evasione, di riforma della PA; doveva dare sostegno al
premier per tradurre in pratica quei progetti, fornirgli strumenti ed esperti,
suggerirgli scadenze e modalità… Invece, l’obiettivo principale dei governi dei
Paesi dell’Unione a conduzione Ppe o Pse è stato che Tsipras fallisca, perché -se
ce la fa lui- c’è il rischio che altrove, in Spagna o in Italia, ad esempio,
vincano Podemos e M5S… Negli ultimi tempi, dai socialisti sono venuti segnali
leggermente diversi, ma non incisivi…
D – E l’Italia:, in tutto ciò?
R – Il premier Renzi ha paura che la
vittoria di Tsipras possa avere conseguenze politiche, ben più che
economico-finanziarie… Con Tsipras, c’è una coalizione eterogenea, che va da
Vendola alla Meloni passando per Grillo e Brunetta… La delegazione italiana che
sarà ad Atene per il referendum dovrebbe indurre le persone ragionevoli a
lasciare che i greci decidano da soli… Mi pare buona la linea dei Verdi in
questa circostanza: non dobbiamo prendere posizione per il sì o per il no, ma
dobbiamo spingere per un accordo equo…
Per usare un'espressione calcistica, il
Movimento europeo in Italia aveva fornito un assist al premier in vista del suo
discorso di ieri alla Università Humboldt di Berlino: gli avevamo cioè proposto
di cogliere l’occasione, nella fase più acuta della crisi europea, per
precisare i contenuti del suo progetto europeo aggiungendo che un progetto
politico si realizza se è chiaro il metodo ed è precisa l'agenda. Nel pensiero
di Renzi i contenuti del progetto sono rimasti mediocremente vaghi e nulla è
stato detto su metodo e agenda. Al nostro assist Renzi ha risposto: "Resto
in panchina"; e chi non gioca perde.
D – E domenica come andrà a finire?
R - L’ultimo intervento di JeanClaude Juncker
‘pro sì’ ha forse aiutato i no… Ma la paura d’uscire dall’euro può ancora
prevalere e dare la vittoria ai sì… Certo, se vincono i sì, cambia la situazione
politica: Tsipras, se resta, sarà quasi costretto a allargare la base della
maggioranza di governo…
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