Scritto per La Presse lo 04/07/2015
Negli Anni Ottanta, subito dopo l’ingresso della Grecia nella Cee,
il 1° gennaio 1981, l’allora Comunità europea scoprì le ‘olive greche’: ogni negoziato,
agricolo o di qualsiasi altro tipo, aveva un corollario per accontentare Atene,
che all’ultimo momento metteva sul tavolo una sua richiesta, tipicamente sulle
olive, minacciando di bloccare tutto se non fosse stata soddisfatta. I cronisti
dell’epoca a Bruxelles se ne ricordano bene. E la tattica negoziale del governo
ellenico sembra ancora richiamarsi a quella consuetudine: quando tutto pare
fatto, alzare, magari di poco, la posta.
Questa volta, però, le ‘olive’
rischiano di risultare salate, per la Grecia e per l’Unione: quale che sia
l’esito del referendum – incertissimo, a basarsi sugli ultimi sondaggi
disponibili -, la partita non si chiuderà domani sera; anzi, ricomincerà domani
sera, densa di incognite. Il Grexit, che nessuno auspica, è a questo punto
un’alternativa possibile.
Il quesito cui i greci sono chiamati
a rispondere non è né chiaro né diretto: si chiede se “dovrebbe essere
accettato il piano di accordo che Commissione europea, Banca centrale europea e
Fondo monetario internazionale hanno presentato all'incontro dell'Eurogruppo il
25 giugno” Il piano d’accordo è costituito da due parti: 'Riforme per il
completamento dell'attuale programma e oltre'; e 'Analisi preliminare sulla sostenibilità del
debito'.
Che vinca il Sì, o che vinca il No,
cerchiamo di capire che cosa potrebbe succedere, nell’Unione e in Grecia.
Mancano, nel dopo referendum, riferimenti certi: non ci sono riunioni già
convocate, l’Eurogruppo o un Vertice della Zona Euro; non si sa neppure quando
le banche greche riapriranno, dopo una settimana di chiusura.
E le previsioni su quel che aspetta
la Grecia cambiano radicalmente. I fautori del No sostengono che, se vincono,
l’accordo è dietro l’angolo (e denunciano come “terroristi” quelli con cui
hanno finora negoziato e dovrebbero tornare a negoziare). I fautori del Sì,
invece, se vince il No prospettano il Grexit dietro l’angolo, definitivo o,
come pare almeno suggerire il ministro tedesco Wolfgang Schauble, temporaneo
(che cosa significhi, non è chiaro). E Martin Schulz, tedesco, socialista,
presidente del Parlamento europeo, arriva a prospettare aiuti d’emergenza per
sventare una crisi umanitaria.
Facciamo
un passo alla volta e una scelta alla volta.
Vince il No –
Tsipras e il suo ministro Yanis Varoufakis hanno convinto i loro connazionali
che, dopo il No, saranno più forti al tavolo dei negoziati e potranno spuntare
condizioni migliori. Dunque, il governo ellenico resta al suo posto, anche se
rimpasti nella formazione non sono esclusi.
Però, se vince il No, l’incognita
principale è proprio se ci sarà ancora un tavolo della trattativa o, almeno, su
che cosa verterà la trattativa: se sempre su un piano di aiuti e di riforme;
oppure se solo su come gestire il Grexit e il ritorno della Grecia alla dracma,
come prospetta il premier Renzi.
Vince il Sì - Tsipras
e Varoufakis perdono. La prima alternativa è politica e nazionale: il governo
va avanti?, Tsipras cambia squadra e coalizione?, o va a nuove elezioni,
cercando una nuova legittimazione popolare, avendola appena perduta?
La seconda alternativa è economica ed
europea: l’intesa accettata dal popolo greco diventa operativa?, i partner
europei portano avanti il programma d’aiuti su quella base?, che ne è del
debito che Atene doveva rimborsare all’Fmi entro il 30 giugno e dei nuovi fondi
che Atene doveva ricevere?
Se il governo cambia e, ancora di
più, se vengono indette nuove elezioni, saranno probabilmente necessarie
‘soluzioni ponte’, in attesa che la situazione politica interna greca si
chiarisca. Il che crea, però, i presupposti per un peggioramento, nel frattempo,
della situazione economica e, quindi, per un’ulteriore lievitazione dei costi
residui di salvataggio della Grecia.
Nessuna opzione prefigura una formula in cui tutti ci guadagnano. Anzi, il rischio è che tutti ci perdano: i greci magari di più, ma gli altri pure. Ed uscirne bene, per l’Unione e per il processo d’integrazione, sarà molto difficile.
Nessuna opzione prefigura una formula in cui tutti ci guadagnano. Anzi, il rischio è che tutti ci perdano: i greci magari di più, ma gli altri pure. Ed uscirne bene, per l’Unione e per il processo d’integrazione, sarà molto difficile.
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