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domenica 5 luglio 2015

Grecia/Ue: referendum; stavolta, le olive greche rischiano di essere salate

Scritto per La Presse lo 04/07/2015

Negli Anni Ottanta, subito dopo l’ingresso della Grecia nella Cee, il 1° gennaio 1981, l’allora Comunità europea scoprì le ‘olive greche’: ogni negoziato, agricolo o di qualsiasi altro tipo, aveva un corollario per accontentare Atene, che all’ultimo momento metteva sul tavolo una sua richiesta, tipicamente sulle olive, minacciando di bloccare tutto se non fosse stata soddisfatta. I cronisti dell’epoca a Bruxelles se ne ricordano bene. E la tattica negoziale del governo ellenico sembra ancora richiamarsi a quella consuetudine: quando tutto pare fatto, alzare, magari di poco, la posta.

Questa volta, però, le ‘olive’ rischiano di risultare salate, per la Grecia e per l’Unione: quale che sia l’esito del referendum – incertissimo, a basarsi sugli ultimi sondaggi disponibili -, la partita non si chiuderà domani sera; anzi, ricomincerà domani sera, densa di incognite. Il Grexit, che nessuno auspica, è a questo punto un’alternativa possibile.

Il quesito cui i greci sono chiamati a rispondere non è né chiaro né diretto: si chiede se “dovrebbe essere accettato il piano di accordo che Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale hanno presentato all'incontro dell'Eurogruppo il 25 giugno” Il piano d’accordo è costituito da due parti: 'Riforme per il completamento dell'attuale programma e oltre'; e  'Analisi preliminare sulla sostenibilità del debito'.

Che vinca il Sì, o che vinca il No, cerchiamo di capire che cosa potrebbe succedere, nell’Unione e in Grecia. Mancano, nel dopo referendum, riferimenti certi: non ci sono riunioni già convocate, l’Eurogruppo o un Vertice della Zona Euro; non si sa neppure quando le banche greche riapriranno, dopo una settimana di chiusura.

E le previsioni su quel che aspetta la Grecia cambiano radicalmente. I fautori del No sostengono che, se vincono, l’accordo è dietro l’angolo (e denunciano come “terroristi” quelli con cui hanno finora negoziato e dovrebbero tornare a negoziare). I fautori del Sì, invece, se vince il No prospettano il Grexit dietro l’angolo, definitivo o, come pare almeno suggerire il ministro tedesco Wolfgang Schauble, temporaneo (che cosa significhi, non è chiaro). E Martin Schulz, tedesco, socialista, presidente del Parlamento europeo, arriva a prospettare aiuti d’emergenza per sventare una crisi umanitaria.

Facciamo un passo alla volta e una scelta alla volta.

Vince il No – Tsipras e il suo ministro Yanis Varoufakis hanno convinto i loro connazionali che, dopo il No, saranno più forti al tavolo dei negoziati e potranno spuntare condizioni migliori. Dunque, il governo ellenico resta al suo posto, anche se rimpasti nella formazione non sono esclusi.

Però, se vince il No, l’incognita principale è proprio se ci sarà ancora un tavolo della trattativa o, almeno, su che cosa verterà la trattativa: se sempre su un piano di aiuti e di riforme; oppure se solo su come gestire il Grexit e il ritorno della Grecia alla dracma, come prospetta il premier Renzi.

Vince il Sì - Tsipras e Varoufakis perdono. La prima alternativa è politica e nazionale: il governo va avanti?, Tsipras cambia squadra e coalizione?, o va a nuove elezioni, cercando una nuova legittimazione popolare, avendola appena perduta?

La seconda alternativa è economica ed europea: l’intesa accettata dal popolo greco diventa operativa?, i partner europei portano avanti il programma d’aiuti su quella base?, che ne è del debito che Atene doveva rimborsare all’Fmi entro il 30 giugno e dei nuovi fondi che Atene doveva ricevere?

Se il governo cambia e, ancora di più, se vengono indette nuove elezioni, saranno probabilmente necessarie ‘soluzioni ponte’, in attesa che la situazione politica interna greca si chiarisca. Il che crea, però, i presupposti per un peggioramento, nel frattempo, della situazione economica e, quindi, per un’ulteriore lievitazione dei costi residui di salvataggio della Grecia.

Nessuna opzione prefigura una formula in cui tutti ci guadagnano. Anzi, il rischio è che tutti ci perdano: i greci magari di più, ma gli altri pure. Ed uscirne bene, per l’Unione e per il processo d’integrazione, sarà molto difficile.

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