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domenica 19 luglio 2015

Iran: nucleare, Khamenei contro "arroganza" Usa; Obama ha "opzioni militari"

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 19/07/2015

Fortuna che l’accordo sul nucleare di martedì a Vienna aveva dissolto, o almeno dissipato, 36 anni di profonda inimicizia fra Teheran e Washington!, ché, se non fosse stato così, chissà che cosa avrebbe detto ieri degli Stati Uniti la guida suprema, l’ayatollah Ali Khameney, che, in un discorso per la fine del Ramadan, chiarisce come l'opposizione iraniana all' "arroganza" americana non cambi per l’intesa raggiunta con i ‘5+1’.

Il discorso, pur virulento, non muta la sostanza delle cose – l’intesa c’è e Khameney non intende e metterla in discussione -, ma , probabilmente, risponde a due esigenze, diverse ma convergenti: una è religiosa, perché il Ramadan suscita sempre pulsioni integraliste e fondamentaliste –ed è segnato, nella sua chiusura, come lo era stato all'inizio, da una scia di sanguinosi attentati nel Mondo arabo-; e una è politica, perché la guida suprema deve fare qualche concessione ai conservatori che vedono nel baratto ‘nucleare – sanzioni’ una vittoria dei riformisti.

Quella di Khamenei è un po’ la stessa logica per cui, venerdì, la Casa Bianca aveva voluto dire che “le opzioni militari contro l’Iran restano aperte dopo l'accordo” di Vienna, che anzi “le ha potenzialmente ampliate”, secondo il portavoce Josh Earnest, anche se gli Stati Uniti – bontà loro – “privilegiano la diplomazia”. Le frasi di Earnest erano complementari a un appello al Congresso, perché approvi l'intesa di Vienna, in assenza del quale l’Iran diventerebbe un "porto franco", potrebbe dotarsi dell’atomica e continuare a sostenere organizzazioni terroristiche senza pagare scotto alcuno, perché le sanzioni già ci sono: un colpo al cerchio e una alla botte, per convincere repubblicani guerrafondai e democratici riluttanti. Anche se, nel messaggio del sabato, Obama difende l’intesa: “Non devo chiedere scusa a nessuno per averla conclusa”.

Del resto, in diplomazia, si sa, non sempre si dice qual che si pensa. Il ministro degli esteri saudita, Adel Al-Jubeir, ad esempio, in visita alla Casa Bianca, ha ufficialmente espresso “soddisfazione” per l'accordo sul nucleare . Ora, se c’è qualcuno cui il riavvicinamento tra Teheran e Washington non piace, a parte Israele, è proprio Riad.

Per attutire le riserve saudite e delle monarchie del Golfo, Obama ha riunito un Vertice con i leader del Consiglio di Cooperazione del Golfo, a Camp David, e s’è impegnato "a rilanciare ulteriormente la già stretta e duratura partnership” con l’Arabia saudita, “rafforzandone le capacità di sicurezza". Il segretario alla Difesa Usa Ashton Carter visiterà l’area la prossima settimana.

Insomma, i toni e gli accenti cambiano, a seconda dei momenti e degli interlocutori. Khamenei, ieri, ha insistito che l’Iran rimane contro la politica statunitense in Medio Oriente: l'accordo sul nucleare non cambierà, dunque, l’atteggiamento iraniano nei confronti di Siria e Iraq e dei "popoli oppressi" di Yemen e Bahrein –Paesi entrambi terreno di aperto confronto tra sciiti e sunniti, appoggiati rispettivamente da Teheran e Riad-, o dei “combattenti sinceri della Resistenza in Libano e Palestina” – e qui i timori di Israele, qualificato di “terrorista”, trovano un avallo -.

Khamenei ha inoltre esortato il Parlamento iraniano a esaminare con attenzione il testo dell'intesa, per verificare che effettivamente tuteli gli interessi nazionali, senza disattendere i principi della rivoluzione islamica né depotenziare le capacité militari e difensive della repubblica teocratica. Washington -ha aggiunto l’ayatollah- vorrebbe la "resa" dell'Iran: Teheran non vuole la guerra, ma, qualora ci fosse, gli Stati Uniti ne uscirebbero "umiliati".

La guida suprema parlava alla preghiera dell’Aid-el-Fitr, in una moschea di Teheran, mentre la folla dei fedeli accoglieva le sue parole con i tradizionali slogan anti-occidentali, "Morte all'America" e "Morte ad Israele ". Khamenei non ha però trascurato di fare l’elogio dei negoziatori di Vienna, dicendo: “Abbiamo trattato con gli Stati Uniti, ma sulla base dei nostri interessi. Le politiche Usa nella regione sono diametralmente opposte alle nostre".

E agli americani che “sostengono di aver impedito all'Iran di acquisire la bomba atomica", l’ayatollah replica: "Sanno che non e' vero. Noi abbiamo una 'fatwa', secondo cui le armi nucleari sono proibite dalla legge islamica. E questo non ha nulla a che vedere con i negoziati di Vienna". Allora, però, nove anni di trattative non si spiegano, se una ‘fatwa’ garantiva l’Occidente.

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