Scritto per La Presse lo 01/07/2015
Dopo avere lasciato passare la
mano buona senza ‘vedere’, il premier greco Alexis Tsipras tenta il rilancio al
tavolo dell’Eurogruppo. Ma nessuno vuole più mettere un euro sul piatto: tutti
sono d’accordo per chiamare il bluff del leader di Syriza e del suo governo.
La
riunione dell’ultima chance dell’Eurogruppo, in teleconferenza, dura un’ora
appena. Alla fine, tutti d’accordo per aspettare l’esito del referendum di
domenica, prima di riprendere, eventualmente, il filo del negoziato con Atene. E
non è detto che l’interlocutore resti Tsipras. Il ministro dell'Economia
slovacco, Peter Kazimir, ‘twitta’, a consulto concluso: "Non mettiamo il
carro davanti ai buoi".
La
saggezza popolare, che evidentemente accomuna le tre Europe, la latina, l’anglosassone
e la slava, ricalca il concetto espresso in modo netto dalla cancelliera
tedesca Angela Merkel: fino al referendum, non si negozia più. E, infatti, l’Eurogruppo
non prevede di riunirsi di nuovo almeno fino a lunedì prossimo. L'Fmi da Washington si adegua: se ne riparla dopo domenica.
Che non ci
fossero i presupposti per progressi nella trattativa, e tanto meno per un
accordo, lo aveva fatto capire il presidente dell’Eurogruppo, il ministro
olandese Jeroen Dijsselbloem, prima che la teleconferenza iniziasse: le
proposte di Atene, l’ennesimo ‘piano’ del governo greco, sarebbero state
discusse, ma c’erano “poche possibilità” di fare progressi dopo il discorso alla
Nazione pronunciato dal premier Tsipras, che invita i greci a votare no nel
referendum di domenica, respingendo le offerte dei creditori alla Grecia. Che
non sono solo “lacrime e sangue”, spiega in Parlamento il ministro dell’Economia
italiano Pier Carlo Padoan, ma che prevedono anche interventi per 35 miliardi per
la crescita, gli investimenti, l’occupazione.
Tsipras continua
a stare ai due tavoli con atteggiamenti diversi: a quello europeo, si mostra conciliante;
a quello greco, si mostra intransigente. Ma il gioco ormai è trasparente: gli
europei lo hanno capito, i greci diranno domenica se lo condividono. Un punto in comune l’Unione,
la Grecia, la comunità internazionale ce l’hanno: tutti vogliono che Atene resti
nell’euro. La Casa Bianca lo ha di
nuovo ricordato questa sera, mentre il presidente Obama, molto attivo nelle
ultime ore, era in volo sull’AirForceOne.
Partita
dalla Merkel, la linea dell’ ‘aspettiamo il referendum’ fa l’unanimità nell’Unione.
"L'Europa vuole aiutare la Grecia, ma non può aiutare nessuno contro il
suo volere. Aspettiamo l’esito del referendum": dichiara su twitter il
presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, un polacco che con l’euro non c’entra,
ma che interpreta un sentimento diffuso anche nei ‘no euro’, dalla Polonia
appunto alla Svezia. E il premier italiano condivide con parole sue la linea
Merkel: "Sono più preoccupato per il terrorismo che per la Grecia; la vera
questione in Europa é la crescita per tutti, non l'Iva delle isole
greche", dice in visita a Berlino.
A livello
politico, il Partito popolare europeo, forza di maggioranza relativa nel
Parlamento europeo, fa campagna a favore del sì nel referendum, sostenendo il
partito Nea Demokratia dell’ex premier Antonis Samaras, convinto che “la crisi
sia greca e non dell’euro”.
Alla
riunione del Ppe a Bruxelles, interviene il presidente della Commissione Jean
Claude Juncker, che ne è un esponente. Juncker, impegnato da inizio settimana
in un botta e risposta con Tsipras, si dice "molto sorpreso" che in
Grecia si possa organizzare un referendum in appena una settimana; e osserva
che gli standard della Commissione di Venezia vogliono che passino almeno due
settimane tra la proposta di referendum e il voto, senza però avanzare dubbi
sulla validità del suffragio.
L’intervento di Juncker alla riunione del Ppe suscita polemiche da parte di eurodeputati di altre forze politiche, perché il presidente dell’Esecutivo non si sarebbe presentato a riferire in Parlamento sulla crisi.
L’intervento di Juncker alla riunione del Ppe suscita polemiche da parte di eurodeputati di altre forze politiche, perché il presidente dell’Esecutivo non si sarebbe presentato a riferire in Parlamento sulla crisi.
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