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giovedì 9 luglio 2015

Papa Francesco in America Latina: messaggi 'no global' dalla Terra dei Generali

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 09/07/2015

Mentre papa Francesco porta in America latina un messaggio e una testimonianza che intrecciano fervore di carità e remiscenze di ‘bolivarismo’, la decisione del Guatemala di non processare l’ex presidente Efrain Rios Montt, accusato di crimini contro l’umanità e di genocidio, testimonia reticenze e imbarazzi persistenti di un intero continente a fare i conti con il proprio passato.

Montt, 89 anni, è stato dichiarato “incapace” di affrontare il processo a causa del deterioramento delle sue facoltà mentali. L’ex presidente, protagonista di una delle stagioni più lugubri dell’America centrale, quando regimi dispotici e ‘squadroni della morte’ la facevano da padrone, doveva comparire di nuovo davanti ai giudici il 23 luglio.

In un primo processo, nel maggio 2013, Montt era stato condannato a 80 anni di detenzione, specie per il suo coinvolgimento nel massacro di popolazioni indigenene tra il 1982 e il 1983, quando era al potere. Successivamente, la Corte costituzionale annullò il verdetto e ordinò un nuovo processo. Per impedire il quale, la difesa ha chiesto e ottenuto una valutazione delle condizioni dell’imputato.

Secondo un rapporto dell’Onu, 200 mila persone morirono o sparirorno durante il conflitto che insanguinò il Guatemala dal 1960 al 1996: molti civili furono uccisi da soldati nell’ambito d’operazioni contro quanti si ribellavano o semplicemente si opponevano al regime.

Le difficoltà a convivere con il proprio passato, che alcuni grandi Paesi dell’America latina sembrano avere superato meglio di altri, come il Brasile, l’Argentina, il Cile, attraverso compromessi e magari soffocando l’anelito di giustizia delle vittime, coinvolge anche la Chiesa. Nel "Continente della speranza", come disse Paolo VI in visita a Bogotà nel 1968 e come ha recentemente ripetuto il segretario di Stato Pietro Parolin, nel Continente che ha prodotto il primo Papa venuto “quasi dalla fine del Mondo”, l'opzione per i poveri che Francesco predica non è sempre stata praticata dalla Chiesa: non mancano esempi di scelte di campo a favore di ricchi e latifondisti.

Per decenni, ad esempio, in Salvador numerosi vescovi e preti si sono opposti all'avvio del processo di beatificazione di Oscar Arnulfo Romero. Proclamato beato solo il 23 maggio scorso, 35 anni dopo essere stato ucciso mentre celebrava la messa in chiesa a San Salvador, per avere denunciato le violazioni dei diritti umani da parte della dittatura militare che guidava il Paese.

Il gesuita Juan Carlos Scannone, filosofo e teologo argentino, che e' stato docente di Bergoglio e che lo conosce dalla fine degli Anni 50, spiega che Francesco è un Papa indiscutibilmente in linea "con l'opzione preferenziale per i poveri" e i diseredati: un’opzione più volte ribadita e richiamata anche in questo viaggio, che lo sta portando dall’Ecuador alla Bolivia, dove è giunto oggi, preceduto dalla ‘promessa’ di masticare una foglia di coca, e, come ultima tappa, in Paraguay. Poco dopo la sua elezione, era stato in Brasile, per una Giornata mondiale della gioventù indetta, però, dal suo predecessore Benedetto XVI.

Sorprendentemente, l’Argentina resta per il momento fuori dai percorsi di Papa Francesco: un nervo forse scoperto sono le relazioni con la presidente Cristina Kirchner, mai eccellenti. Ma l’Ecuador ancora poverissimo, la Bolivia ‘chavista’ di Evo Morales dopo essere stata per decenni un regime fra i più repressivi del Continente, il Paraguay uscito da tempo da una decennale dittatura offrono, alla predicazione di Bergoglio, spunti diversi, dall’elogio dell’indipendenza all’appello, lanciato prima di lasciare Quito per El Alto, perché "molti popoli latinoamericani", attraverso regole e leggi, "allontanino il ricordo lasciato da repressioni d’ogni tipo, controllo eccessivo e perdita della libertà".

Per il Papa, in Sud America più che altrove la società si trova ad affrontare sfide "che richiedono la partecipazione di tutti gli attori sociali”: "L'emigrazione, la concentrazione urbana, il consumismo, la disgregazione della famiglia, l'incertezza producono sacche di di povertà", così come "le tensioni che costituiscono una minaccia per l'armonia sociale". Francesco avverte che "le regole e le leggi, così come i progetti della comunità civile, devono cercare l'inclusione, aprire spazi di dialogo e d’incontro". Lezioni universali, che qui però il pontefice trasmette con una familiarità e affabilità persino superiori al consueto, favorito anche dal fatto di comunicare nella propria lingua, il che toglie dalle sue parole quella patina di colore esotico che hanno in italiano. 

L’accoglienza in Ecuador è stata entusiasta. Bolivia e Paraguay non promettono meno calore.

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