Scritto per La Presse lo 02/07/2015
Quasi a darla vinta a chi sostiene che ‘nell’Unione non si muove foglia che la Merkel non voglia’, sul fronte greco tutto resta fermo: il negoziato è congelato, fino al referendum di domenica; e nel contempo nessuno sollecita ad Atene il pagamento delle somme che erano dovute al 30 giugno.
La cancelliera
tedesca Angela Merkel aveva ieri espresso l’opinione che la trattativa dovesse
rimanere in stallo, fino all’esito della consultazione con cui i greci devono
decidere se accettare, o meno, le proposte loro presentate per risanare i conti
e stimolare la crescita.
E, Improvvisamente,
la politica europea pare quasi distratta, disinteressata: non ci sono riunioni
già convocate lunedì, a livello di ministri dell’Economia o di leader
dell’Eurozona, per valutare l’esito della consultazione e misurarne l’impatto
sull’euro e sulla Grecia. Pure l’intensità delle dichiarazioni s’è rarefatta,
manco fosse scattata la consegna del silenzio.
Ci pensano i
tecnici a ricordare l’eccezionalità del momento e le difficoltà della
situazione. Un rapporto Fmi stima in 50 miliardi di euro il fabbisogno greco di
finanziamenti agevolati di qui al 2018, per garantire la sostenibilità del
debito: 36 miliardi dovrebbero venire dalle Istituzioni e dai partner europei,
il resto dalle Istituzioni internazionali. E la somma va lievitando, a causa
del mancato accordo con i creditori internazionali e, soprattutto, della
mancata attuazione delle riforme strutturali. Più l’incertezza si protrae, e
meno la Grecia cresce, più la situazione finanziaria peggiora, è l’analisi al
limite del banale, ma corretta e cruda degli analisti del Fondo.
Cui dà manforte la
Banca centrale europea: un verbale oggi pubblicato segnala che l'incertezza sull'esito
della crisi greca, che potrebbe sfociare in un default e nel Grexit, è "fonte
di volatilità" e di rischio per i mercati finanziari. Nel documento, che non
cita direttamente la Grecia, si legge che "l'incertezza circa l'esito dei
negoziati tra un governo dell'area euro e i suoi creditori ufficiali è vista
come fonte d’incertezza potenziale e di volatilità dei mercati".
Tanto più che
l’alea greca s’innesta su una ripresa ancora debole e fragile, minata da rischi
geopolitici dal Mediterraneo all’Ucraina. Secondo la Banca guidata da Mario
Draghi, tuttavia, la volatilità proseguirà in un contesto di tassi di interesse
bassi. Almeno questo dato pare acquisito: merito delle scelte della Bce, fatte
in uno spirito d’autonomia che non tutte le Istituzioni europee sanno
manifestare.
A turbare gli
operatori finanziari, c’è pure uno studio di S&P, secondo cui il Grexit,
cioè l’uscita della Grecia dall’euro, avrebbe un impatto limitato sull’economia
europea, dell’ordine dello 0,2/0,3% del Pil, ma peserebbe sui Paesi della
moneta unica attraverso un rialzo dei rendimenti obbligazionari. L’Italia
spenderebbe, così, 11 miliardi di euro in più nel biennio 2015/’16 per finanziarsi
e sopporterebbe il peso maggiore di un onere stimato complessivamente a 30
miliardi di euro
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