Scritto per La Presse il 29/07/2015
Il prossimo
cantiere dell’Unione europea è l’Unione fiscale: lo prevede, senza esitazione
alcuna, l’ambasciatore Stefano Sannino, rappresentante permanente dell’Italia
presso l’Ue, secondo cui “c’è”, a Bruxelles e nelle capitali, un gradiente
positivo della percezione dell’Italia in Europa.
La Presse ha incontrato
l’ambasciatore Sannino a margine della Conferenza degli ambasciatori d’Italia
nel Mondo, la cui 11° edizione s’è svolta a Roma lunedì e martedì: un
appuntamento tradizionale e importante per la diplomazia italiana, che ha potuto
ricevervi priorità ed indicazioni dal presidente della Repubblica Sergio
Mattarella, dal presidente del Consiglio Matteo Renzi e dal ministro degli
Esteri Paolo Gentiloni.
L’ambasciatore
Sannino, 55 anni, da due anni rappresentante permanente, è diplomatico di
grandi e sicure esperienza e affidabilità. È stato a Palazzo Chigi, ha fatto lo
sherpa per i G8 ed è stato direttore generale per l’allargamento alla
Commissione europea. E’ uno degli italiani più ascoltati e stimati a Bruxelles.
D - L’accordo
sulla Grecia per evitare il Grexit segna uno spartiacque, per l’Unione europea?
R – Non so se si può
parlare di uno spartiacque, di un prima e un dopo l'intesa. Ma è vero che, in
qualche modo, con la crisi greca, la questione istituzionale del governo dell'euro
è arrivata al suo limite. Occorre completare l'Unione monetaria e l'Unione
bancaria. E affrontare la questione della politica fiscale a livello europeo
diventa ormai ineludibile. Cosi come affrontare le implicazioni
sull'occupazione delle scelte di politica economica dell'Unione.
D – Che avviene,
se non lo si decide?
R - C'è una mancanza di chiarezza sugli obiettivi che
vogliamo perseguire. Come ha sottolineato il presidente Renzi, l'Europa è
sempre più percepita come una matrigna piuttosto che il luogo in grado di
assicurare stabilità e prosperità. Se l'Europa non torna a svolgere questo
ruolo, il rischio è che si sfarini il tessuto istituzionale dell'Unione
europea: non è un caso che stiamo assistendo al risorgere di nazionalismi e
inter-governativismi.
D – E in che
direzione dovremmo muoverci?
R - Dobbiamo superare
la visione di un'Europa che guarda solo alla disciplina di bilancio, senza
sviluppare politiche che favoriscano la crescita e l'occupazione. Intendiamoci,
mettere i conti in ordine, razionalizzare le spese, armonizzare le politiche
economiche sono tutti obiettivi imprescindibili che vanno realizzati. Ma questo
deve essere fatto senza mettere a rischio la crescita. E' questa la vera sfida
dei prossimi mesi: i leader devono ragionare su quale strada intendono
imboccare e percorrere
D – Pressoché
completata l’Unione bancaria, quale è il prossimo cantiere dell’integrazione?
R – Il prossimo
cantiere è l'Unione fiscale. Ma, prima, bisogna scegliere che tipo di politica
fiscale si vuole fare. E qui ritorno al punto che ho appena sviluppato: come
coniugare disciplina di bilancio e crescita.
D – Ma l’Unione
fiscale non ci lascia ancora in un terreno lontano dalle sensibilità e dagli
interessi della gente comune?
R – Al contrario.
Decidere le politiche fiscali significa fare scelte di politica economica e
individuare quali leve azionare per raggiungere determinati obiettivi. Forse
se in Grecia ci fosse stata una attenzione maggiore a come fare il
risanamento economico, e non solo agli aspetti puramente quantitativi, si sarebbe
potuto prendere in considerazione anche l'impatto sociale di alcune misure e
forse la situazione non si sarebbe così deteriorata.
D – Il cantiere
delle risorse proprie, su cui sta lavorando il senatore Monti, si aprirà?
R – Credo di sì,
nella misura in cui vogliamo dare al bilancio Ue una capacità di incidere. Ma
bisogna parlare anche di qualità e di modalità della spesa europea, non solo di
quali risorse attribuire all’Ue. L'approccio "pragmaticamente ambizioso" del
Presidente Monti è intelligente ed è l'unico che può produrre un risultato.
D – C’è un gradiente
positivo, nella percezione dell’Italia nell’Unione?
R - Sì. In passato,
abbiamo avuto governi stabili, ma con poca spinta riformista; oppure governi
con una volontà riformista ma che hanno operato in condizioni politiche
particolarmente complesse. L'attuale governo ha una fortissima spinta
riformista e la forza politica di attuare le riforme. E questo dà al governo
italiano peso e credibilità in Europa.
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