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lunedì 6 luglio 2015

Grecia/Ue: la Merkel rimanda la palla a Tsipras, prima proposte, poi negoziato

Scritto per La Presse lo 06/07/2015

La porta resta aperta, magari un po’ di malagrazia. E il tempo è poco: bisogna fare in fretta, se no presto i creditori busseranno alla porta del governo di Atene. Dall’incontro nel pomeriggio all’Eliseo fra il presidente francese Francois Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel non escono parole rassicuranti per la Grecia, che ha appena detto No, col 61,5% dei voti nel referendum, alle proposte fatte da Commissione europea, Bce,ed Fmi, cioè l’insieme dei creditori, per proseguire i programmi d’aiuti.

Il premier Alexis Tsipras deve presentarsi al Vertice di domani a Bruxelles con “proposte precise” –la Merkel e gli altri leader gliele chiedono per l’ennesima volta-: l’uscita di scena del ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, dimissionario via twitter all’alba della vittoria, può certamente migliorare lo stato d’animo di alcuni interlocutori, ma non basta a sbloccare la trattativa.

La Merkel dice: "Rispettiamo l'esito del referendum greco, ma dobbiamo tenere conto anche di ciò che pensano gli altri 18 Paesi dell'Eurogruppo. Pure questa è democrazia".  Hollande sottolinea: "Tocca a Tsipras fare proposte serie e credibili. Non c'è più molto tempo". Il consulto all’Eliseo è il momento culminante d’una giornata di contatti e sondaggi.

Il governo tedesco, per tramite del suo portavoce Steffen Seibert, s’era subito mostrato rigido: “Non ci sono le condizioni per riaprire la trattativa, in mancanza di nuove proposte”. Come, del resto, non ci sono le condizioni per riaprire le banche in Grecia, che, infatti, restano chiuse –almeno fino all’8, poi si vedra-, con il limite di 60 euro al giorno per i prelievi individuali dagli sportelli bancomat.

Il ministro dell’Economia Wolfgang Schaeuble ripetee d’essere contrario a tagliare il debito greco; e i socialdemocratici, alleati di coalizione della cancelliera, sono meno concilianti della Cdu/Csu: per loro, i greci hanno “rotto i ponti” con l’Ue.

In linea con Berlino, il presidente dell’Eurogruppo, il ministro olandese Jeroen Djisselbloem: “Attendiamo nuove proposte dalle autorità greche”. Dijsselbloem non è fra quelli che, dopo avere fatto campagna per il Sì, provano a impossessarsi della vittoria del No, leggendovi l’occasione d’una sterzata dell’Unione ‘pro crescita’ e ‘pro occupazione’: lui definisce “deplorevole” il risultato del referendum e non finge rammarico per l’uscita di scena di Varoufakis. “Le riforme –dice- sono ancora necessarie" per un accordo; l'esito del voto in Grecia "non ci avvicina a una soluzione".

Meno drastica la Commissione europea. "La stabilità dell'Eurozona non è in questione", assicura Valdis Dombrovskis, il vicepresidente responsabile per la moneta unica: "Il posto della Grecia resta in Europa", aggiunge, ur constatando che la situazione, dopo il referendum, "è più complicata" perché Atene s’è allontanata dai partner dell'EuroZona.

‘Varou’ se n’è andato nel suo stile: “Io sgradito ad Eurogruppo, lascio per agevolare l’accordo”. E Tsipras non l’ha trattenuto. Il suo successore è Euclid Tsakalotos, 55 anni, docente di economia, una formazione anglosassone, finora capo negoziatore a Bruxelles: l’uomo con cui il premier provò, senza successo, a ‘commissariare’ il suo ormai ex ministro, che ancora ieri dava l’accordo per fatto “entro 24 ore” in caso di vittoria dei No.

La sensazione è che l’Eurogruppo a due stadi di domani a Bruxelles – ore 13.00 formazione solita, con i ministri delle Finanze; ore 18.00, il Vertice - non usciranno soluzioni, ma al massimo, ancora una volta, percorsi, anche se il premier italiano Matteo Renzi, irritato dal ‘format a due’ di oggi all’Eliseo, invoca “una soluzione definitiva all’emergenza greca”.

I percorsi devono però essere necessariamente brevi, perché il default incombe su Atene, che già non ha rimborsato un debito all’Fmi entro il 30 giugno e che ha davanti a sé altre scadenze. Intanto, dagli Stati Uniti, arriva l’ennesimo appello: serve un compromesso che consenta ad Atene di restare nell’euro; l’accordo è nell’interesse sia europeo che americano. I mercati, però, non ci credono: vanno male dall’Asia all’America passando per l’Europa, dove Milano perde più del 4% e lo spread sale a 163.

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