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martedì 14 luglio 2015

Iran: nucleare, assonanze tra il valzer di Vienna e il sirtaki di Bruxelles

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 14/07/2015

Sembra un’altra storia appena scritta, e appena letta: la storia di un negoziato che pare sempre sul punto di concludersi e che, poi, s’inceppa sempre quando l’intesa è a un passo. E c’è, in effetti, qualcosa che accomuna la trattativa sul nucleare tra l’Iran e i ‘5+1’, che sono le cinque potenze nucleari storiche più la Germania, e quello tra la Grecia e i Paesi dell’euro: la difficoltà di chiudere, ad esempio, anche se tutti intorno al tavolo preferiscono l’accordo alla rottura; è l’impalpabilità della presenza italiana, che, a Vienna, è affidata all’Alto Rappresentante della politica estera e di sicurezza dell’Ue Federica Mogherini, mentre a Bruxelles non s’è proprio avvertita –il premier Renzi c’era, ma nessuno l’ha visto negli incontri ristretti cruciali-.

Certo, le analogie si fermano magari lì. A Bruxelles si discuteva d’economia e di sociale. Invece, a Vienna, di sicurezza e di nucleare. A Bruxelles, c’erano scadenze precise: rate da pagare, debiti da onorare. A Vienna, come a Ginevra in primavera, le scadenze sono tutte fittizie, convenzionali: s’era detto che l’intesa doveva essere fatta entro il 30 giugno, poi entro il 7 luglio, adesso entro la mezzanotte di ieri: il 17o giorno di trattative ‘non stop’ doveva portare la fumata bianca agognata dai negoziatori, ma aborrita dagli israeliani e osteggiata negli Usa dai repubblicani e dai ‘falchi’ pro-israeliani e in Iran dai conservatori della Teocrazia.

Voci e smentite si sono rincorse per tutta la giornata, seguendo un rituale già collaudato. La vigilia, le cose paiono fatte. La mattina del ‘giorno X’, le delegazioni si schierano tutte nella formazione tipo, con i ministri pronti alla storica foto ricordo: chi non c’è, fa sapere che sta per arrivare. Si annunciano discorsi di consacrazione da Teheran e Washington, riunioni plenarie per suggellare l’accordo.

E il ministro dell'Interno iraniano, Hossein Ali Amiri, fa addirittura sapere che non sono previste celebrazioni ufficiali, ma che a polizia è stata invitata a non ostacolare eventuali “festeggiamenti spontanei” per le strade: la borghesia benestante iraniana non vede l’ora che le sanzioni cessino, così che molti prodotti di derivazione occidentale possano tornare nei negozi.

Poi, le certezze s’incrinano, i dubbi s’insinuano: ci sono progressi, ma restano dei dettagli da definire. Nelle capitali, i leader tacciono. Finché qualcuno cala il sipario sulle attese: domani è un altro giorno, si replica. Ieri sera, la Casa Bianca ha riconosciuto che ci sono "progressi reali" nelle trattative nucleari, ma ha aggiunto che restano “nodi significativi”, esortando l’Iran a prendere "decisioni difficili".

Nessuna rottura: i colloqui continuano, si spera fino a “un’intesa definitiva”. Non è chiaro quali siano le questioni irrisolte: le modalità delle ispezioni, il ritmo di levata delle sanzioni, o altro ancora. Chi vuole chiudere sa che bisogna farlo prima che la trattativa finisca tritata nel frullatore delle elezioni presidenziali statunitensi: Hillary Rodham Clinton, candidata alla nomination democratica, sta già prendendo posizioni più dure di quelle dell’Amministrazione Obama, per non giocarsi il voto ebreo.

Eppure, c’è chi dice che il testo dell’accordo sia già stato messo nero su bianco: secondo la Bbc, il documento consta d’un centinaio di pagine e indica minuziosamente le condizioni per la revoca delle sanzioni di Onu, Usa e Ue nei confronti dell'Iran e precisa le garanzie che la Repubblica islamica deve fornire per assicurare che il programma nucleare non sia finalizzato alla produzione di armi atomiche. Il testo –dice ancora la Bbc- è stato redatto con grande pignoleria diplomatica, per evitare futuri fraintendimenti sugli impegni assunti.

Secondo fonti iraniane, invece, l'intesa prevede contestualmente alla firma la revoca dell'embargo sulle armi a Teheran, con un'apposita risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu: resterebbero solo alcune restrizioni temporanee in campo militare. Inoltre, l'accordo dovrebbe portare al superamento del ricorso al capitolo 7 della Carta dell'Onu, quello che riguarda le minacce alla pace, per il programma nucleare iraniano. 

Fra i mallevadori dell’intesa, ci sono la Russia e la Cina. Mosca e Pechino vi vedono un’occasione per affermare la loro influenza sulla scena diplomatica. Ma l’accordo ha aspetti da intrigo internazionale: l’Iran mette sul piatto della bilancia il suo coinvolgimento nella guerra al terrorismo, che però inquieta gli alleati arabi storici degli Usa, a cominciare dall’Arabia saudita.

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