Scritto per Il fatto Quotidiano del 29/01/2011
La fiammata di violenza in Albania si stempera, proprio mentre la protesta popolare contro regimi corrotti e dispotici infiamma la Riva Sud del Mediterraneo ed incendia il Golfo, in una stagione di cambiamenti che ricorda la Caduta del Muro e il domino nei Paesi comunisti dell’Europa orientale.
Dopo una settimana di tensione, a Tirana i toni del confronto rientrano nei confini della dialettica politica, senza ricorso alla forza. I due leader contrapposti, il premier Sali Berisha, un conservatore, e il capo dell’opposizione Edi Rama, un socialista, sembrano avere raccolto gli inviti alla moderazione venuti dall’Unione europea e dalla comunità internazionale.
Un appello in tal senso sarà rilanciato, lunedi’, dai ministri degli esteri dei 27, che si riuniranno a Bruxelles per discutere l’atteggiamento da assumere di fronte ai fermenti nel Grande Medio Oriente. Lady Ashton, la responsabile della diplomazia europea, non ha messo l’Egitto all’ordine del giorno della consultazione, ma sarà impossibile non parlarne discutendo di Tunisia e di Albania e di quanto sta accadendo tutto intorno.
La manifestazione convocata ieri a Tirana dall’opposizione al regime di Berisha era un omaggio alle tre persone inermi uccise dalla Guardia repubblicana il 21 gennaio, durante una protesta anti-governativa. Questa volta, tutto s’è svolto in modo pacifico: la folla s’è dispersa nella calma a metà pomeriggio. "Non vogliamo ritrovare i fantasmi della paura", ha detto Rama, a cose fatte.
Il segnale che la giornata potesse svolgersi senza incidenti l’aveva dato proprio Berisha, garantendo, in una conferenza stampa, «il pieno rispetto del diritto alle proteste pacifiche», pur avvertendo che «in caso di violenza» le forze di sicurezza avrebbero agito «con tutta la loro forza». Il premier parlava poco prima dell’inizio del corteo, mentre decine di autobus confluivano sulla capitale carichi di oppositori, Oltre mille agenti, molti in tenuta anti-sommossa, erano schierati a difesa della sede del governo, protetta anche con filo spinato e presidiata, all’interno, da reparti della Guardia repubblicana armati e con giubbotto antiproiettile. Tutti gli uffici pubblici, molti negozi, l'ambasciata americana erano chiusi.
Il corteo, guidato dal leader socialista Edi Rama, nemico giurato del premier Berisha, e forte di decine di migliaia di manifestanti -c'erano pure alcuni feriti del 21-, ha percorso silenzioso la via principale di Tirana, tra stendardi rossi e neri, i colori dei socialisti e del lutto, mentre gli altoparlanti diffondevano musica funebre. Proprio davanti alla sede del governo, grandi foto delle vittime del 21 gennaio campeggiavano su un enorme cartello.
La manifestazione di ieri, che non avrà oggi il controcanto, inizialmente progettato, d’un meeting a sostegno del governo, potrebbe chiudere una fase di scontro particolarmente concitata tra maggioranza e opposizione. Ma il clima politico resta acceso. Ieri, Berisha se l’è presa con il capo dello Stato Bamir Topi, che non è certo una figura di spicco, «l’unico -ha detto- a non vedere le violenze contro la polizia e le istituzioni » (la tesi del premier è che il 21 gennaio è statato sventato un tentativo di colpo di Stato). E l’opposizione, dal canto suo, promette «altre manifestazioni» per provocare «la fine del regime», mentre Rama chiede "al mondo democratico" di riconsiderare le proprie relazioni con il governo albanese.
sabato 29 gennaio 2011
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