Scritto per Il Fatto Quotidiano del 20/01/2011
Per dare il benvenuto alla Casa Bianca al presidente cinese Hu Jintao, Barack Obama sciorina il tappeto rosso delle grandi occasioni: gli inni e i pifferi della Guerra d’Indipendenza del 1776. Ma non esita a evocare subito, fin dai discorsi di benvenuto, il tema delicato dei diritti dell’uomo. “La storia mostra –dice il presidente americano- che le società sono più armoniose e che prosperano di più e che il mondo è più giusto, quando i diritti e le responsabilità di tutti i Paesi e di tutti i popoli sono rispettati”.
Per una visita di Stato carica di simboli e di obiettivi, poteva essere un avvio coraggioso, ma scivoloso. Ma Hu non è stato certo colto di sorpresa dalla notazione. Come non ha poi battuto ciglio quando, in conferenza stampa, Obama gli ha chiesto d’aggiustare il valore dello yuan, che gli americani considerano sottovalutato, e di fare in modo che le imprese americane possano battersi ad armi pari con quelle cinesi.
Nell’incontro con i giornalisti, Hu non ha neppure potuto schivare la domanda diretta di un reporter americano: “Come giustifica il mancato rispetto dei diritti dell’uomo?” da parte della Cina. Un problema di traduzione quanto mai opportuno gli consente, all’inizio, di stendere un’intercapedine di silenzio sull’argomento. Ma, poi, sollecitato da un’altra domanda, riconosce che “molto resta da fare in Cina sul fronte dei diritti dell’uomo”, ma mette la questione nel contesto delle “molte sfide” che il suo Paese deve affrontare.
Per il loro ottavo incontro nei neppure due anni trascorsi da Obama alla Casa Bianca –in media, uno ogni tre mesi-, i due presidenti hanno badato al sodo: risultati concreti e parole chiare. “Quando Usa e Cina cooperano ne ricavano sostanziali benefici”, dice Obama, senza pero’ nascondere l’ “amichevole concorrenza” fra i due Paesi. Hu auspica una maggiore cooperazione fra le forze armate cinese e statunitense. Obama gli chiede di dialogare con il Dalai Lama, capo spirituale dei tibetani in esilio.
A Washington, è in gioco il riequilibrio strategico tra le due potenze, dopo i parziali e non del tutto felici esiti degli incontri precedenti. Molti i punti ‘caldi’ sull’agenda, a cominciare proprio dalle politiche monetarie e commerciali: gli Usa e la Cina non vogliono compromettere la stabilità del loro quadro economico nazionale, ma neppure vogliono mettere a repentaglio l’equilibrio globale. Cosi’, Pechino sarebbe interessata a salvare e a sostenere l’area dell’euro e ad incoraggiare l’unificazione europea, che funzionerebbe da contrappeso anche politico nei confronti degli Stati Uniti, ma non vuole mutare radicalmente l’attuale registro politico ed economico minando il dollaro.
Più che molte parole, in questa visita contano alcune cifre. Usa e Cina firmano nell’occasione accordi commerciali per un valore di 45 miliardi di dollari, che permetteranno di mantenere 235 mila posti di lavoro americani. La commessa più grossa riguarda l’acquisto di 200 aerei Boeing –soprattutto B737 e B777, da consegnare di qui al 2013-, per un valore stimato di 19 miliardi di dollari. Il resto è ripartito in una settantina di contratti che riguardano grandi aziende –fra le altre, General Electric, Caterpillar, Alcoa-, ma anche un numero crescente di piccole e medie imprese.
Ma non c’è solo l’economia. Obama e Hu vogliono che la Corea del Nord s’astenga da ogni “ulteriore provocazione” ed auspicano la denuclearizzazione della penisola (e il segretario di Stato Hillary Clinton auspica “maggiore cooperazione” da parte cinese contro gli “atteggiamenti provocatori” di Piongyang). E Washington e Pechino sono d’accordo per evitare che l’Iran si doti dell’atomica, anche se i cinesi non percorrono la via delle sanzioni bilaterali; che gli americani potrebbero invece inasprire. Infine, sempre in materia nucleare, Obama e Hu concludono un accordo di cooperazione sulla sicurezza, con la creazione in Cina di un centro finanziato congiuntamente. "Questa relazione sino-americana –afferma la Clinton- determinerà in molti modi pace, stabilità e prosperità del XXI Secolo".
Per Hu a Washington, pero’, non sono solo schermaglie verbali e intese sostanziose, cenetta intima alla Casa Bianca –martedi’ sera- e pranzo di Stato –ieri sera-. La visita diventa pure spunto di scaramucce politiche fra democratici e repubblicani: l’opposizione a Obama fa la voce grossa (“la pazienza con Pechino è quasi finita”) e, per non restare indietro, il capo dei democratici al Senato Harry Reid diserta la cena “con un dittatore” (salvo poi correggere un po’ il tiro).
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