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domenica 9 gennaio 2011

BIELORUSSIA: l'Ue contro Lukashenko, l'amico di Mr B

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 09/01/2011

Se c’è una cosa che l’Ue del 27 non fa mai, è prendere decisioni precipitose. E, così, le ci vorranno sei settimane, oltre 40 giorni, per varare sanzioni contro la Bielorussia del presidente dittatore Aleksander Lukashenko, dopo le accuse di brogli, gli arresti di candidati e di manifestanti e la chiusura di sedi di organizzazioni internazionali che hanno seguito le presidenziali del 19 dicembre. Il varo delle sanzioni spetterà al Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’Ue, convocato a Bruxelles il 31 gennaio, sotto la presidenza della responsabile della diplomazia europea, Lady Ashton, una che ha la flemma nel dna. Tra le misure allo studio, discusse venerdì a da un comitato d’esperti, dopo un rapporto del capo della delegazione dell’Ue a Minsk, c’è anche la sospensione del visto a decine di ‘gerarchi’, fra cui lo stesso Lukashenko: gli era già stato ritirato nel 2008 (ma il provvedimento era poi stato’congelato’). Così, il presidente bielorusso sarà ‘persona non grata’ nell’Unione europea.

Dopo le contestate elezioni presidenziali, Lady Ashton ha espresso, a due riprese, prima di Natale e all’inizio del 2011, la condanna dell’Ue e, in comunicati congiunti con Hillary Clinton, il segretario di Stato americano, ha avvertito Lukashenko che le relazioni con la Bielorussia potrebbero cambiare nel tono e nella sostanza, se il regime non libera i candidati arrestati –cinque- e gli oppositori fermati –inizialmente, circa 600, una metà dei quali è ancora in carcere-. Le forze di sicurezza bielorusse intervennero quando migliaia di manifestanti cercarono d’invadere la sede del governo.

Però, l’unità dei 27 sulle sanzioni va costruita e Lukashenko ha qualche amico fra i leader dei 27, magari pochi, anzi uno solo, ma buono, il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi. Dopo il voto, il Cavaliere ha taciuto, mentre il ministro degli esteri Franco Frattini si diceva “preoccupato per gli episodi di repressione e violenza: gli arresti sono inaccettabili''. Pochi giorni dopo il voto, Frattini riceveva alla Farnesina il collega bielorusso Sergei Martynov, cui ha ribadito le sue ansie, ma con cui ha poi parlato di un centinaio di adozioni di bimbi bielorussi da parte di coppie italiane.

Roma non è stata, però, l’unica ad abboccare, per interesse, non certo per ingenuità, alle lusinghe del regime di Lukashenko. Un mese prima delle presidenziali, il commissario Ue all’allargamento e alle politiche di vicinato Stefan Fule esprimeva l’auspicio che la delegazione a Minsk potesse essere elevata al rango di ambasciata. E, infatti, Frattini colloca “nel quadro dell’Ue” l’appoggio dell’Italia “alla politica di apertura e graduale reintegrazione della Bielorussia nella comunità internazionale”, ammettendo che la vicenda post-elettorale “non aiuta a costruire il clima di fiducia necessario” e “non è negli interessi della stessa Bielorussia''.

Chiaro che la strada per giungere a sanzioni è lunga, se si parte con tanta prudenza. Ora, però, la via pare imboccata. Lady Ashton, galvanizzata dalla buona compagnia di Hillary Clinton, serra i tempi dei preparativi, anche se non ha mai preso in esame l’ipotesi di anticipare la riunione dei ministri. E gli ambasciatori dei 27 a Minsk chiedono, con una nota, di incontrare i candidati detenuti. A nome dei colleghi, l’ungherese Ferenc Kontra -l'Ungheria esercita la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue- spiega che vogliono verificare le condizioni di salute degli incarcerati, proprio in vista della riunione del 31 gennaio.

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