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venerdì 28 gennaio 2011

USA: Obama, lo Sputnik, Kennedy, e un Paese in rimonta

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/01/2011

A seguirlo in diretta, sono stati meno del solito, un record di audience negativo. Ma il discorso sullo stato dell’Unione 2011 non era una storia di guerra e pace: c’erano dietro le ansie e i dubbi di una potenza in crisi, che cerca di tirarsi su. Un copione mica da film d’azione: roba da Bergman del Michigan.

Pero’, a quasi tutti quelli che l’hanno sentito, il discorso del presidente Barack Obama è piaciuto. E lui, per battere il ferro di un consenso che torna a crescergli intorno, dopo la sconfitta nelle elezioni di midterm del 2 novembre, è subito andato a portare il suo messaggio nel cuore dell’America che vuole lavorare e produrre, partendo dal Wisconsin, nonostante maltempo e tempeste di neve.

Gli strateghi della comunicazione della Casa Bianca puntano di nuovo sui social media, già sfruttati per la vittoria nelle presidenziali del 2008. Ora si tratta di fare passare fra la gente l’agenda politica del presidente, nonostante il Congresso sia diviso, la Camera ai repubblicani, il Senato ai democratici. L’offensiva su internet, puntata sulle elezioni del 2012, parte da Facebook, Twitter e Youtube, con una serie di appuntamenti virtuali in cui i cittadini potranno commentare il discorso di martedi’ e rivolgere a Obama domande: una sorta di prova generale della prossima campagna.

Che cosa è rimasto, agli americani, del messaggio del presidente? Delle 6.955 parole pronunciate, quella che ha più colpito non è «speranza», o «futuro»,o «innovazione», ma «salmone»: una battuta sull’Amministrazione che diversifica le proprie competenze su questi pesci tra mare aperto, acque dolci e ‘affumicati’. Se è tutto qui, c’è da restare delusi.

Ma in realtà il presidente ha detto molte cose che gli americani pensano siano vere, o che, comunque, amano credere lo siano. E ha usato un sacco di volte il ‘noi’, quel senso di appartenenza a una Nazione che lo ‘io’, il ‘voi’ e il ‘loro’ messi insieme non danno.

E, poi, Obama, che parlava a metà del suo mandato –è alla Casa Bianca da 740 giorni, ci resterà certamente altri 720-, ha spruzzato il suo discorso di riferimenti kennediani, a 50 anni e pochi giorni dall’insediamento a presidente di John Fitzgerald Kennedy, e ha riproposto agli americani la sfida dello Sputnik. Allora, si trattava di recuperare il ritardo nella corsa allo spazio sull’Unione sovietica, prima a lanciare un satellite intorno alla Terra –appunto, lo Sputnik- e prima a mettere un uomo in orbita, Yuri Gagarin. L’impresa riusci’: neppure nove anni dopo, gli americani sbarcavano sulla Luna, dove i russi non sono mai arrivati.

Adesso, si tratta di recuperare il ritardo nella crescita e nella dinamicità dell’economia, sulla Cina, sull’India, su quei Paesi, che non stanno in Europa, che hanno una marcia in più nella flessibilità e nell’imprenditorialità. E bisogna farlo non aggrappandosi al passato di un’industria ormai delocalizzata, ma puntando sull’innovazione.

Obama ha anche detto cose dure, ai suoi ‘cari americani’ : in un Paese che viveva davanti alla tv e ora vive davanti al computer, dove gli insegnanti di matematica arrivano dall’India, perchè qui pochi la studiano ancora, ha chiesto ai genitori di spegnere gli schermi e di non lasciare credere ai loro figli che il successo è quello delle starlette della tv e dei campioni dello sport, ma sta nello studio, nell’impegno, magari proprio sulle materie scientifiche.

E già questo è un messaggio che, a noi italiani, dovrebbe dare un brivido, specie di questi tempi, che, se non sei una velina, non ti fila nessuno. Ma Obama ha fatto un’altra cosa che a noi suona strana : non ha vantato i risultati conseguiti, le cose fatte –e, pure, qualche coppa in bacheca, nell’ultimo anno, l’ha messa-, ma ha parlato delle cose da fare, non solo nell’anno che viene, non solo nella seconda metà del suo mandato, ma negli anni a venire. Altro che ‘cortotermismo’ e miopia della politica.

Dicono che il presidente si sia irritato perchè una fuga di notizie ha costretto la Casa Bianca ad anticipare la diffusione del suo discorso. Ma i Wikileaks di turno non hanno fatto danni reali. E un’adesione al suo progetto è venuta, a sorpresa, ma non troppo, da Mosca: da ieri il Trattato Start è ratificato e puo’ diventare operativo, innescando una riduzione degli arsenali nucleari strategici. Una cosa fatta in più. Bene. Ma “noi –dice Obama- siamo americani: guardiamo alle cose da fare, guardiamo avanti”.

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