Scritto per Il Fatto Quotidiano del 04/01/2011
Chissà se il regista iraniano, il ‘grande burattinaio’ di questa che è ormai diventata una recita a soggetto in salsa integralista, ha presente gli intrecci pirandelliani del ‘Cosi’ è, se vi pare’ e dei ‘Sei personaggi in cerca d’autore’. Ma l’alternarsi continuo dei piani dell’apparenza e della realtà, subito destinata a rivelarsi illusione, trasforma Sakineh Mohammadi-Ashtiani, più si mostra e più compare, in una sorta di fantasma senza volto.
Il personaggio principale in scena è uno solo, ma i ruoli che recita sono molteplici. Sakineh, 43 anni, la donna iraniana condannata a morte, è stata volta a volta simbolo della rigidità del regime contro le adultere, condannata a morte per lapidazione; poi, è servita al regime a mostrare la sua duttilità: sempre condannata a morte, ma ‘solo’ per impiccagione, e non più per adulterio, bensi’ per complicità nell’assassinio del martito; in questa veste, è stata esibita dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad come ‘alter ego’ dell’americana Teresa Lewis, messa a morte, lei si’ senza ripensamenti, dalla giustizia della Virginia, nonostante un quoziente intellettivo appena legale, per avere tramato l’uccisione del marito; e ancora interprete di se stessa in una sorta d’ingenua fiction girata nella casa del delitto (e servita a ingannare l’opinione pubblica occidentale, che esultava per la liberazione prima di subodorare l’inganno); infine, alleata del regime in un’ennesima versione della sua confessione che coinvolge i due giornalisti tedeschi presi il 10 ottobre nello studio del suo legale, mentre il figlio, che l’ha sempre difesa, ora la dichiara colpevole, pur chiedendo clemenza.
A questo punto, è giusto ammettere che chi sia davvero Sakineh, donna, moglie, madre, adultera, omicida, innocente, colpevole, martire del regime, o collusa, pur d’avere salva la vita, con gli ayatollah, noi non lo sappiamo. Nè le autorità di Teheran paiono avere davvero a cuore la credibilità delle loro versioni successive e contraddittorie. Ogni volta, la vicenda giudiziaria viene ricostruita in modo diverso. E, ora, un magistrato avanza l’ipotesi che la sentenza di lapidazione, già sospesa a luglio, possa essere annullata, perchè «l’accusata nega … e ci sono punti oscuri nelle prove». Ma come ?, non aveva già confessato prima in tv ?, e nella fiction del 10 dicembre?, e poi di nuovo adesso? La sensazione è che il regime sfrutti la storia su tutti i fronti, pure nei negoziati nucleari con i Cinque Grandi più la Germania.
Lei, Sakineh, comparendo davanti ai giornalisti della stampa estera, chiede di essere "lasciata in pace" e minaccia querela contro i due cronisti tedeschi, contro l’ amante / omicida, contro il proprio legale. E mentre ci s’interroga su sincerità e attendibilità delle dichiarazioni, il regime piccona la credibilità delle organizzazioni che la difendono: sabato 1.o gennaio, prima dei colpi di scena a raffica delle ultime 48 ore, l’opposizione in esilio dava l’esecuzione per imminente.
E, invece, proprio sabato, Sakineh, secondo quanto reso noto dalle autorità iraniane, ha potuto incontrare i figli in una casa fuori dal carcere, ha cenato con loro, ha parlato alla stampa straniera, sotto il controllo della magistratura. Davanti ai giornalisti, che non potevano fare domande, la donna ha accusato i media occidentali di avere strumentalizzato politicamente, e così complicato, il suo caso. Bild am Sonntag, che vuole riportare a casa i suoi cronisti, considera "sorprendente" la sortita e un centinaio di tedeschi eccellenti, ministri, imprenditori e campioni come Michael Schumacher, firmano un appello per la liberazione dei due giornalisti. Mentre il filosofo francese Bernard-Henri Levy, una delle personalità più attive nel sostegno a Sakineh, denuncia quella che definisce la "manipolazione" della donna da parte delle autorità iraniane. Anche se a conti fatti, se tutte queste pantomime le garantiranno salva la vita, il gioco sarà comunque valso la candela. E, forse, un giorno racconteremo la vera storia di Sakineh, una, nessuna e centomila.
martedì 4 gennaio 2011
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