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martedì 20 novembre 2012

MO: Usa, Ue, Onu,. diplomazia internazionale in prima linea

Scritto per l'Indro il 19/11/2012

Che sia Usa o Ue o Onu, la diplomazia internazionale è in prima linea nella crisi tra israeliani e palestinesi, per impedire l’escalation del conflitto con l’ingresso nella striscia di Gaza di reparti dell’esercito di Tel Aviv. L’operazione è finora riuscita, ma le prossime 24/48 ore saranno cruciali: Israele è pronta all’offensiva di terra, ma riconosce che una soluzione diplomatica è meglio; e Hamas vaglia le condizioni d’una tregua. Contatti sono in corso in Egitto, al Cairo.

Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, che domenica aveva già chiesto la fine immediata delle violenze, arriva al Cairo per incontrare il presidente egiziano Mohamed Morsi; poi andrà anche in Israele e nei Territori. Dal Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’Ue, riuniti a Bruxelles, viene un appello a un cessate-il-fuoco immediato, che sarebbe “nell’interesse di tutti”. E il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi vede “le premesse perché si arrivi a una tregua nelle prossime ore", ma Israele - aggiunge – può "autolimitare la propria forza solo se ha la sicurezza assoluta che i lanci di razzi non si ripetano". Tony Blair, inviato speciale del Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Russia, Ue e Onu) e il ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle sono attesi in Israele. E dall’Asia, dov’è in missione, giunge la voce del presidente americano Barack Obama: gli Stati Uniti riconoscono a Israele il diritto a difendersi, ma rinnovano l’invito all’autodeterminazione e sostengono la missione di pace di Ban.

L’azione della diplomazia si sviluppa soprattutto di giorno, La notte, è l’ora dei raid, delle vittime, delle distruzioni.  Per il sesto giorno consecutivo, l'aviazione israeliana è all'offensiva nella Striscia colpendo anche lo stadio di Gaza: il bilancio degli attacchi di oggi, a metà giornata, era di 18 morti e una cinquantina di feriti. Sale così a oltre 100, secondo fonti mediche, il numero delle vittime dall'inizio degli attacchi. Ma i tiri di razzi su Israele sono solo diminuiti, non cessati, dopo che domenica era stata presa di mira pure Tel Aviv.

Un comunicato del portavoce militare israeliano precisa che dall'inizio dell'operazione denominata ‘Pilastro di Difesa’ l'aviazione israeliana ha colpito 1.350 "siti terroristici". La scorsa notte ne sono stati centrati un’ottantina: fra questi rampe di lanciarazzi sotterranei; tunnel; basi di addestramento; cellule attive nel lancio di razzi. "Hamas ha trasformato Gaza in una postazione avanzata al servizio dell'Iran", afferma il comunicato.
Israele ha pure cercato di interferire nelle trasmissioni della al-Aqsa Tv, un’emittente di Hamas, dopo essersi impadronita delle frequenze radio e avere colpito due antenne sui tetti di due grattacieli di Gaza, che, secondo i militari, Hamas utilizzava a fini operativi.

Per la tregua, sia Israele che Hamas pongono condizioni: Israele vuole che sia di "lunga durata", che riguardi solo la Striscia di Gaza, che preveda la fine del lancio di razzi sul suo territorio e che sia garantita dall'Egitto (per il nuovo corso del presidente Morsi, la crisi è una ‘prova del nove’ d’affidabilità e credibilità sul piano internazionale). Hamas vuole la fine dell'embargo a Gaza e chiede lo stop delle uccisioni mirate.

Dall’altra parte del Mondo, in Asia, il presidente statunitense intraprende un viaggio “storico” (e non è solo un luogo comune”): nel giro di una giornata, Barack Obama diventa il primo presidente Usa a mettere piede in Birmania e in Cambogia.

L’ ‘Obama 2’ comincia nel segno della politica estera: in parte, una scelta voluta dal presidente, che, appena confermato alla Casa Bianca per il prossimo quadriennio, intraprende un viaggio in Asia obbligato, in occasione del Vertice dell’Apec, appuntamento annuale dei Paesi che s’affacciano sul Pacifico, ma con tappe inconsuete; e, in parte, una scelta subita, perché Obama, della fiammata di tensione in Medio Oriente tra israeliani e palestinesi avrebbe sicuramente fatto volentieri a meno.

Quella di Obama in Birmania è una visita lampo, perché la sera è già in Cambogia per il Vertice dell’Apec. Ma è una visita che lascia il segno, in un Paese che, fino a pochi mesi or sono, era uno delle retroguardie della dittatura nel Mondo: accolto da decine di migliaia di cittadini festanti, incontra il capo dello Stato Thein Sein e poi la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, finalmente non più tenuta agli arresti domiciliari: è il secondo colloquio fra i due Nobel per la Pace, lei nel 1991, lui nel 2009, dopo quello del settembre scorso alla Casa Bianca.

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