Sono come le ciliegie, le riunioni
dell’Eurogruppo: una ne tira un’altra; e non si finisce mai. Anzi, le ciliegie
prima o poi finiscono, perché in tavola non ne restano più. Mentre, di
riunioni, l’Ue ne ha una riserva zeppa. E, se non ce n’è una pronta, la si
crea, ché tanto non costa –quasi- niente. Adesso che si possono fare virtuali,
in video-conferenza, costa pure di meno. Certo, chi aspetta le decisioni
continua ad aspettarle… Ma tant’è: c’è sempre un Bundestag da consultare prima
di confermare una decisione che si credeva già presa dai leader dei 27.
E’ successo di nuovo la scorsa notte a
Bruxelles, al termine di un Eurogruppo: Jean-Claude Juncker, il
presidente, fa sapere che sarà necessario un nuovo incontro straordinario il 20
novembre per finalizzare l'accordo sugli aiuti ad Atene. Un’intesa di massima
c’è, ma né la cancelliera Merkel né il ministro Schaeuble se la sentono di fare
concessioni senza l’avallo del Parlamento. E Olanda, Finlandia, pure Austria,
hanno preoccupazioni analoghe.
Così, ancora una volta, l’Unione europea
arruffa il gomitolo dei negoziati economici e finanziari: decisioni che erano
già state tratteggiate al Consiglio europeo di metà ottobre e che parevano
ormai acquisite finiscono per intersecarsi con decisioni in calendario al
prossimo Vertice del 22 e 23 novembre: da una parte, lo sblocco di una
‘tranche’ di aiuti alla Grecia per oltre 31 miliardi di euro e la dilazione di
due anni -dal 2014 al 2016- del termine entro cui Atene deve risanare i conti;
dall’altra, gli stanziamenti del bilancio Ue 2012/’13 e le prospettive
finanziarie 2014-2020. E non manca la complicazione d’un litigio apparentemente
gretto sugli aiuti alle regioni italiane colpite dal terremoto.
E quando la trattativa si gonfia di
temi, i nodi si moltiplicano e gli intoppi pure. In conferenza stampa, Juncker
e Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale, si prendono
il lusso di un battibecco: "L’obiettivo resta quello di ridurre il
debito greco al 120% del Pil entro il 2020, ma é probabile che sposteremo il
termine al 2022", dice Juncker ; ma la Lagarde replica che
l'obiettivo resta il 120% al 2020, perché "abbiamo punti di vista
differenti".
Secondo fonti diplomatiche,
l'Eurogruppo di ieri ha fatto passi avanti verso un accordo sugli aiuti
alla Grecia, ma resta da capire come finanziare il tempo in più che si
vuole concedere ad Atene - un costo stimato in oltre 30 miliardi - e come
trovare un'intesa con l'Fmi sulla sostenibilità del debito.
Il rinvio vanifica lo sforzo del
Parlamento di Atene, che, nella notte tra domenica e lunedì aveva varato, come
chiedeva la troika delle istituzioni finanziarie internazionali, Ue, Bce e Fmi,
il bilancio greco 2013, con una ulteriore ‘manovra’ da 13,5 miliardi
di euro di tagli, per ridurre il debito, ora al 180% del pil, agendo sulla leva dell’avanzo primario (cioè
della differenza tra spesa pubblica ed entrate dell’erario al netto degli
interessi).
Gli impegni greci sono, però, accolti
con molta diffidenza dai partner europei. Di qui, esitazioni, burocraticamente
motivate –l’incompletezza della documentazione, o la mancanza del rapporto
della troika-, ma politicamente fondate sulla volontà dei campioni del rigore
di coinvolgere i parlamenti nazionali su qualsiasi ulteriore concessione –sia
pure solo temporale e non finanziaria- al governo Samaras.
La Grecia non può più attendere a lungo:
a metà mese, cioè entro la fine della settimana, le casse saranno vuote. Ma
Juncker spiega che Atene eviterà il default grazie a una onerosa operazione di
rollover sui titoli di Stato a breve: soldi che si potevano risparmiare
decidendo subito, senza rinviare al 20, quando Juncker assicura
che "tutti i problemi troveranno risposta". I ministro
delle Finanze dei 17 - si legge nella nota diffusa al termine della riunione –
sono già d'accordo sull'opportunità di concedere due anni supplementari (dal
2014 al 2016) ad Atene per la riduzione del deficit sotto il 3%.
L’Eurogruppo del 20 sarà l’ultima
ciliegia di questo cesto? C’è da sperarlo, ma non proprio da
scommetterci.
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