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martedì 20 novembre 2012

Ue: Grecia, Fmi contro; bilancio, match Hollande - Cameron

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 20/11/2012

Schermaglie al curaro fra leader, mentre ci s’addentra nell’ennesima ‘settimana decisiva’ dell’Ue sui fronti di crisi: salvataggio della Grecia; bilancio 2013 e suppletivo 2012; prospettive finanziarie a medio termine. Oggi c’è un Eurogruppo, che dovrebbe finalmente sbloccare una fetta di aiuti ad Atene di oltre 31 miliardi di euro –ma l’Fmi si mette di traverso-: sarebbe ossigeno per la Grecia che rischia l’asfissia.

Giovedì e venerdì c’è un Vertice consacrato sulla carta ai temi del bilancio. E per tutta la settimana il Parlamento europeo siede in sessione plenaria a Strasburgo, minacciando azioni di ostruzionismo se il Consiglio non viene a patti sul bilancio.  Il dossier sull’Unione bancaria resta, in questi giorni, nei cassetti: ne uscirà prima del Consiglio europeo di metà dicembre.

Ieri, le borse europee si sono messe inopinatamente ad andare forte: né le incertezze economiche e finanziarie dell’Eurozona né le tensioni internazionali per la crisi israelo-palestinese le hanno minimamente turbate. Lo spread, invece, resta lì sopra 350 –e, certo, l’altalena delle dichiarazioni nel Golfo del premier Monti non ne incoraggia la discesa-.

Le notizie congiunturali non dovrebbero indurre all'ottimismo. Lasciamo stare l’Italia, dove i dati delle commesse industriale sono negativi da oltre un anno. La Bundesbank vede ridursi le speranze di una ripresa economica rapida in Germania; e getta un sasso nello stagno dell’Unione bancaria, asserendo che i grandi Stati dovrebbero avere un peso maggiore nella supervisione bancaria affidata alla Banca centrale europea.

In vista dell’Eurogruppo, la Grecia si considera “in assetto di marcia” per ottenere gli aiuti Ue e Fmi. Ma proprio l’Fmi non appare ancora convinto e la Germania boccia l’ipotesi di cancellazione del debito greco. A Bruxelles, le fonti delle Istituzioni dicono che oggi è il giorno dell’accordo, “deve esserlo”. Ad Atene il premier Samaras riunisce a tarda sera la sua maggioranza.

Sul bilancio, le parole fra i leader sono aspre. A Parigi, il presidente Hollande se la prende coi Paesi che “vanno a Bruxelles a cercare il loro assegno, i loro sconti, i loro storni” dalla cassa comune, “mentre noi lanciamo appelli alla solidarietà e alla mobilitazione per la crescita”. Hollande non la cita, ma ce l’ha soprattutto con la Gran Bretagna che difende il suo sconto (la Francia è fra i 27 quello che più vi contribuisce).

Hollande risponde al premier Cameron, che a Londra dice di non sentirsi “l’europeo cattivo”, solo perché si appresta a chiedere tagli al bilancio dell’Ue, come, del resto, è nella tradizione britannica dal 1979, cioè da quando arrivò a Downing Street Margaret Thatcher. Parlando alla Confindustria, meno euro-scettica del governo, tant’è che paventa un referendum sull’uscita dall’Ue, il premier sostiene che “volere una disciplina di bilancio accresciuta” significa essere “un buon europeo”. Cameron, tuttavia, non rinnova la minaccia di usare il veto per bloccare un’intesa a Bruxelles, se non otterrà soddisfazione.

Anzi, Londra giudica un’intesa al vertice possibile, dopo che le ultime ore hanno visto un intreccio di contatti telefonici: Cameron, ad esempio, ha parlato con la cancelliera Merkel, con Hollande e con i leader olandese, polacco, svedese e danese. E i contatti continuano.

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